Il prontuario dell’autostima(*)

Il prontuario dell’autostima(*)

Consigli, idee, suggerimenti a cura del dr. Claudio Rao

Seconda parte: L’autostima nell’arco della vita.

Da zero a diciotto mesi, il neonato è dominato dai bisogni che non sono solo fisiologici! Sentirsi amato, protetto, importante è indispensabile al suo sviluppo e all’elaborazione dell’autostima. Non commettiamo l’errore di considerare con superficialità questo periodo della vita.

Un momento di tensione, la classica arrabbiatura può capitare a tutti. Forse, tutto sommato, fa anche parte del gioco. L’importante è che non diventi abituale. Alzare la voce, gridare, minacciare, non moderare i termini. Tale modalità di comunicazione è esiziale per l’autostima del bambino che finirà per ritenersi indegno di una relazione interpersonale sana e serena. Negativo sia per l’emittente (incapacità di rapportarsi adeguatamente) che per il ricevente (minato nella considerazione che sviluppa di sé).

Sappiamo tutti che “l’abito non fa il monaco”. Eppure l’immagine che abbiamo di noi riveste una grande importanza nel processo di autostima. Durante l’adolescenza, in particolare, dove seguire la moda, l’omologarsi, è una maniera per non sentirsi diversi, giudicati, tagliati fuori. Una tendenza che per alcuni si prolunga indefinitamente, ben oltre l’età ingrata. Accettare il nostro fisico, la nostra apparenza, è fondamentale per la nostra autostima. Concentriamoci sulle nostre qualità per fare ombra ai nostri difetti!

Quando abbiamo una scarsa autostima, ci è difficile credere di poter interessare a qualcuno. Questo rischia d’ingenerare un pericoloso circolo vizioso, sia in campo sociale che sentimentale. Allora, carta e penna alla mano, facciamo un check-up completo dei nostri difetti e delle nostre qualità. Trasformiamo poi i difetti in qualità: “disordinato” diventerà “creativo”, “pignolo” sarà “preciso e puntiglioso” e così via.

Privilegiamo gli atteggiamenti positivi. Se intestardirsi (ripetere coattivamente una cosa) resta negativo e inconcludente, perseverare è costruttivo perché significa imparare dai proprî errori adeguando le proprie strategìe risolutive. Il che incide positivamente sull’immagine che ci creiamo di noi stessi.

La nostra tendenza, in caso di difficoltà o di disagio, è quella di paragonarci agli altri. Ma non a tutti. Soltanto a coloro che “stanno meglio di noi”. Proviamo l’inverso! Se siamo complessati dal nostro peso, per esempio, non confrontiamoci con quelli più magri di noi, ma con i più obesi. Questo di permetterà di relativizzare il nostro problema. I nostri complessi spesso sono dovuti a confronti e identificazioni sbagliate (ne sa qualcosa il mondo della pubblicità!)

Può capitarci di sentirsi totalmente votati alla persona amata, tanto da non poterle rifiutare nulla. Se questo non ci causa disagi e sofferenze, non è un problema. Purché non intacchi il nostro libero arbitrio! In tal caso, è opportuno interrogarci sulle cause di questo nostro atteggiamento: temiamo l’abbandono? L’eventuale reazione del(la) partner? O abbiamo bisogno di sentirci perfetti e irreprensibili?

Come genitori dobbiamo essere d’esempio, anche senza la pretesa di essere  perfetti. Anzi. Proprio commettendo degli errori e soprattutto avendo la capacità di “impararne la lezione” potremo ispirare i nostri ragazzi, diventando perfino un modello da imitare. Teniamo chiaro in mente l’obiettivo: insegnare ai nostri figli la fiducia in se stessi e la capacità di procedere il più serenamente possibile attraverso le mareggiate della vita!

Come nonni, possiamo immaginare che l’ideale per ottenere affetto ed attenzioni dai nostri nipoti sia di entrare in totale sintonia con loro. Possiamo convertirci alla musica Rap, ma attenzione a non rinnegare noi stessi! Non sentiamoci colpevoli se non riusciamo ad accompagnarli nelle loro abitudini giovanili. Limitiamoci ad offrir loro ciò che siamo, anche anagraficamente, godendoci i momenti che ci sono donati, con amore e semplicità. 

Il lavoro costituisce, lungo l’arco della nostra vita, la parte essenziale della nostra identità. Col pensionamento possiamo sentirci privati di ruolo sociale, d’identità, di senso. È un formidabile nuovo inizio per imparare a conoscerci sotto altre angolazioni, a riscoprirci poliedrici, a ridefinirci sotto altre forme e identità. Non è sempre una cosa facile, ma come prima di avere un lavoro, anche dopo, abbiamo una nostra dimensione di vita e di pensiero. Passioni, hobby, attività per le quali il tempo non ci difetta più!

Spesso ci troviamo davanti allo specchio per compiere gesti meccanici, affidati ad automatismi scontati e distratti. Nello specchiarci per lavarsi, truccarsi, o rasarsi proviamo prima di tutto a sorriderci! Con simpatìa ed amicizia, come ad auspicarci una buona giornata.

Quando siamo in un periodo difficile e il morale è a terra perché non ci sentiamo all’altezza della situazione o meritevoli di amore e riconoscenza, prendiamo un foglio ed elenchiamo dieci buoni motivi per stimarci e rispettarci. Li troveremo. Impariamo a volerci bene!  

(*) Ciò che viene pubblicato in questa rubrica, in esclusiva per “Gli Scomunicati”, non può essere riprodotto senza il consenso scritto dell’autore.

¹ G. Pesci, M. Mani, “Dizionario di Pedagogia Clinica”, Armando editore, Roma, 2022.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici e non ha mai ricevuto finanziamenti privati fino al Marzo del 2023.

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