Tenuta Casenuove scrive un nuovo capitolo del Chianti Classico

Tenuta Casenuove scrive un nuovo capitolo del Chianti Classico

Rubrica a cura di Susanna Schivardi e Massimo Casali

Dall’intuizione geniale di Philippe Austruy, grande collezionista, imprenditore nel campo della sanità e amante del buon vino, nasce Tenuta Casenuove

Uno dei posti più belli, diremmo senza esitazione, nel cuore del Chianti Classico, a Panzano in Chianti, dove Philippe Austruy mette a segno un altro dei suoi progetti, dopo essere arrivato in Provenza e sulle sponde del Douro, decide di portare qui la sua impronta e lo fa in grande con Tenuta Casenuove. Nel 2015 si innesca il grande fermento innovativo, da quella che è una struttura risalente al 1600, e che attraverso i secoli si trasforma, condotta a mezzadria, per approdare nella veste di azienda agricola, come la vediamo oggi. Sotto la guida sapiente di Cosimo Casini e Maria Sole Zoli, giunta nel 2018 in cantina, il lavoro in vigna diventa ancor più dettagliato. Su fasce di altitudini tra i 350 e i 500 metri con esposizioni e sud-est/sud-ovest, su terreni che si compongono in argilla, prevalentemente galestro scistoso, ricco di scheletro e molto drenante, con inserzioni limose e pietra forte calcarea, con clima tendenzialmente mite e levigato dal vento, nonostante le annate dove grandine, pioggia e caldo torrido hanno minacciato le vendemmie, qui si resiste, e anche bene.

Raccolte a mano e controllo quotidiano delle vigne, a Casenuove stanno realizzando anno dopo anno importanti zonazioni dedicate a selezioni di assonanze, come le chiama Cosimo, occhio vigile e attento, grandi mani e testa veloce, che comunica con le uve e ne coglie qualsiasi intemperanza. Un lavoro che poi arriva in bottiglia con vini raffinati e coinvolgenti.

Una cantina completamente rimodernata, dove troviamo un vecchio pozzo e tutta l’elegante praticità che connota questa azienda, dove il vino, a seconda della sua natura, viene indirizzato al contenitore più idoneo. Ultime arrivate le botti in gres, materiale che asseconda le linee più moderne del mercato attuale. La gamma salendo, specie la Riserva, richiede la botte di legno, tonneau e raramente le barriques, che sono destinate all’affinamento delle varietà internazionali. Sangiovese, Merlot, Cabernet Sauvignon ma anche i reimpianti di Cabernet Franc, Canaiolo e altri autoctoni, vanno a implementare gli ettari che da 14 diventano circa 30, e disegnano un mosaico compatto, con sperimentazioni e conduzioni sempre in linea con le necessità dell’annata. All’assaggio si risente tutta la filosofia produttiva e la cura dimostrata verso queste terre, procediamo con Chianti Classico Docg 2020, annata complicata per la gestione del clima, in bocca rimangono una bella piacevolezza e rotondità. Chianti Classico Docg 2019 presenta una bella evoluzione al naso, il vino è morbido, l’acidità è più spiccata del precedente, il tannino insistente, tonico, esuberante.

Con Chianti Classico Docg Riserva 2018 il colore si fa intenso, il naso rotondo, pieno, maturo, l’acidità sempre buona e spiccatissima la persistenza. Il tannino riempie e conquista. L’identità di questo vino si definisce in modo ancor più appropriato con la Riserva 2019, dove si affinano i lineamenti e naso e bocca si ingentiliscono per dare slancio a un vino che può scrivere un nuovo capitolo del Chianti Classico. Dal 2017 si è dato un netto cambio di marcia, isolando delle vigne particolari per regalare quei sentori identitari e coerenti alle aspettative, che valorizzino le qualità del territorio e il vitigno Sangiovese, utilizzato qui in purezza.

Un ulteriore salto si fa con la Gran Selezione 2018, al naso si rivela complesso, evoluto, elegante e persistente. Frutto di uno studio attento, grande passione e dedizione costante in vigna. Ottima avvolgenza e suntuosità al palato.

Igt Toscana 2019, un Supertuscan aderente alle aspettative, un blend di Sangiovese, Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon (questi ultimi due in minime percentuali), fa macerazione a chicco intero per contenere l’estrazione, macerazione lunga, la vinificazione avviene in cemento e affinamento avviene in tonneau, botte grande e barrique, o gres quando non si vuole incorrere nel legno. L’attesa vale la pena per un vino giovane ma molto promettente, dalle note di erbe officinali e frutti rossi, al sorso si evidenziano grafite e spezie. La maturità fenolica è perfetta, un vino che mantiene la persistenza e promette evoluzione nel tempo.

Le avveniristiche visioni di Austruy sono arrivate fino all’Isola del Giglio, dove si coltiva l’Ansonica, vitigno che ivi dimora da secoli, a più di 800 metri raggiungibili solo a piedi. In via di ristrutturazione le antiche vasche in granito dove si fermentava il vino in epoca etrusco-romana, e i muretti che delimitano le vigne condotte a alberello. Aiutano la vigoria di questo vitigno e la resistenza alla siccità il particolare microclima e un terroir tipicamente marino, su terrazzamenti che richiedono accortezze in tutta la filiera produttiva.  Pazienza e tempo, per la produzione di Igt Toscana Bianco Ansonica 2019 “Lo Scoglio nero”, ottocentotrentadue bottiglie numerate che sono il cameo dell’azienda. Il naso è profumato di frutti gialli estivi, in bocca sprigiona erbe officinali, camomilla, macchia mediterranea, il sorso è pieno, con lieve nota legnosa, e la persistenza notevole.

Una nota essenziale l’estrema bellezza del luogo, in un’atmosfera suggestiva e accogliente. Interni magnificamente concepiti, arricchiti di opere d’arte di pregio, pezzi unici d’arredo di design, elegante e affrescata la sala dove abbiamo goduto di una cena semplice e originalissima, preparata per noi dallo chef di origini calabresi, Ettore De benedetto, di Ristoro di Lamole.

Ringraziamo Cosimo e l’agronomo e direttore Alessandro Fonseca, che ci hanno condotto alla scoperta dell’azienda.

Un ringraziamento speciale come sempre a Federica Schir, ufficio stampa.

***Foto originali di Susanna Schivardi

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