Rubrica a cura del dottor Claudio Rao
Parlare di sesso è sempre difficile. Si rischia di passare dal banale al volgare dimenticando l’essenziale. Eppure la parola è importante. E non solo in terapia o nelle sedute con un professionista dell’aiuto alla persona. In coppia, per esempio.
La cosa è tutt’altro che facile, soprattutto per le donne. Almeno secondo l’opinione di Catherine Blanc, psicanalista e sessuologa, autrice di «La sexualité des femmes n’est pas celle des magazines¹» (La sessualità femminile non è quella delle riviste).
Se una volta, per tradizione ancestrale, l’ideale era quello di essere una buona moglie e una buona madre del tutto esente da fantasie erotiche, con l’emancipazione femminile la donna ha finalmente riconosciuto la propria sessualità e il proprio desiderio. Oggi riesce perfino a parlare di sesso col suo partner, anche se molto spesso resta sulle generali. Ne parla in modo impersonale, riflettendo su ciò che va bene o no nell’altro o in una relazione.
Studia il proprio compagno, il quale si sente perso in discussioni interminabili e riferite a terzi o a “casi” tirati in ballo per l’occasione. E questo rende di fatto la sessualità più complessa. Perché voler possedere l’uomo con le proprie domande, se eccita lei, fa rinchiudere a riccio lui, così terribilmente estraneo alle proprie sensazioni e alle proprie emozioni!
Per riassumere, entrambi i partner cercano di penetrarsi attraverso la dimensione meno culturalmente familiare all’altro: le donne mentalmente, gli uomini sessualmente.
A questo si aggiunge, contrariamente all’immagine che ci veicolano i media e i social network, una assai scarsa conoscenza del corpo: proprio e di quello dell’altro sesso. Le donne parlano raramente di ciò che vorrebbero fare o che auspicherebbero che il loro compagno facesse loro nell’intimità. “È talmente bello lasciarsi fare”, pensano in una postura un po’ troppo infantile (come quando da piccole la mamma le nutriva senza che avessero neppure bisogno di chiederlo).
Una relazione fusionale che tuttavia necessita di avere la parola, almeno ogni tanto! « Osare chiedere non blocca il desiderio. Bisogna parlare di sé a letto, non esitare a dire “ecco cosa sto vivendo ora”, “mi piace questo”, “mi piacerebbe quest’altro” » precisa Catherine Blanc. Che ci consiglia di evitare i due estremi: il silenzio o il discorso sulle generali.
Se il desiderio é in panne, la parola giusta ha il potere di resuscitarlo. Bisogna parlare di sé, dei propri desideri, delle proprie voglie, sapendosi mettere in gioco e senza temere la reazione dell’altro. Liberare la parola per liberare il piacere, esplorare il godimento.
Sappiamo tutti che le nostre parole possono avvicinare al posto di allontanare, eccitare, accendere il desiderio del partner.
Pensiamo ai primi SMS o ai messaggi su WhatsApp. Alle discussioni via Chat, agli SMS, alle chiamate telefoniche. Lì le nostre parole, le nostre battute, le nostre sottili allusioni ci fanno vibrare all’unisono. Fanno planare il mistero e il desiderio. E preparano magnificamente il terreno agli incontri che verranno.
« Il linguaggio – spiega lo psicanalista francese Jean-Michel Hirt – é ciò che è dato all’amore per viverlo e non soltanto per farlo. Diventa erotico quando non si usa più per capirsi, ma per rappresentarsi l’amore ». Perché, conclude la psicanalista e scrittrice di romanzi erotici Sophie Cadalen, le parole hanno questo di saporoso: « Si ammantano di fantasmi, attizzano il desiderio, decuplicano il godimento ».
Allora approfittiamo della primavera annunciata dalle mimose donate alle nostre donne per riscoprire la vita di coppia, per dare libero corso all’espressione dei nostri teneri desiderata col nostro lui o la nostra lei. E lasciamoci sorprendere dalle inevitabili scoperte alle quali andremo sicuramente incontro.
¹ Catherine Blanc, La sexualité des femmes n’est pas celle des magazines, Comment les femmes parlent de leur sexualité, Pocket, 2009.
DONA ORA E GRAZIE PER IL TUO SOSTEGNO: ANCHE 1 EURO PUÒ FARE LA DIFFERENZA PER UN GIORNALISMO INDIPENDENTE E DEONTOLOGICAMENTE SANO
Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
Lascia un commento