Età involutiva e Alzheimer

Età involutiva e Alzheimer

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

La scorsa settimana avevamo accennato alla demenza senile, una malattia neurodegenerativa che colpisce circa un milione e mezzo di persone nel nostro Paese. Questa settimana ci occuperemo di Alzheimer, un dramma che coinvolge direttamente seicento mila italiani.

Purtroppo non esiste ancora un trattamento efficace per prevenire questa patologia neurodegenerativa, tuttavia cercheremo di indicare delle buone abitudini capaci di ridurne il rischio d’insorgenza.

Il Dizionario di Pedagogia Clinica¹ definisce l’Alzheimer «La forma di demenza senile più diffusa nel mondo, caratterizzata da una perdita lenta, graduale e inarrestabile delle strutture e delle funzioni cerebrali per una progressiva degenerazione dei neuroni a cui segue il deterioramento progressivo delle funzioni cognitive con significative modificazioni della personalità e della condotta».

Attualmente, la ricerca scientifica ci può fornire qualche suggerimento per ridurne il rischio.

Circa un anno fa la rivista British Medical Journal ha pubblicato uno studio dal quale si evince la possibilità di adottare abitudini capaci di incidere positivamente sulle nostre vite e di limitare i rischi legati all’Alzheimer. Ricercatori del Centro nazionale turbe neurologiche di Pechino hanno osservato lo stile di vita di oltre 29.000 soggetti over 60 lungo l’arco di un decennio. Le loro abitudini sono state analizzate e catalogate in favorevoli, medie e sfavorevoli. Ebbene, i primi due gruppi (medio e favorevole) hanno manifestato un declino mnestico più lento rispetto al terzo (sfavorevole).

Ecco le nove abitudini virtuose che hanno preservato gli individui dei gruppi di controllo dall’insorgenza dell’Alzheimer.

¹ Guido Pesci, Marta Mani, Dizionario di Pedagogia Clinica, Armando Editore, Roma, 2022, pag. 26.

  • Un’alimentazione sana ed equilibrata

La buona notizia è che la dieta mediterranea riduce il rischio di contrarre malattie neurodegenerative. In particolare: frutta, verdura, carne, pesce, latticini, sale, olio, uova, legumi, cereali, tè e noci. La ricerca suggerisce di assumere almeno 7 di questi 12 alimenti raccomandati.

  • Un’attività fisica regolare

I ricercatori suggeriscono almeno 2 ore e mezza di attività fisica moderata o 75 minuti di attività più intensa e vigorosa a settimana. Un allenamento cardiovascolare, una ginnastica del cuore in altre parole. Questo significa camminare (camminata veloce), correre, andare in bicicletta, nuotare. Ma anche andare in palestra, dedicarsi a danze aerobiche, Zumba. Da considerare altresì il giardinaggio e… perfino i lavori domestici!

  • Una vita sociale attiva

Le relazioni sociali stimolano la memoria. Fare visita a parenti ed amici un paio di volte a settimana, chiacchierare con i vicini di casa, iscriversi ad associazioni, partecipare ad attività o giochi di società sono tutte cose che giovano alla nostra salute.

  • Una stimolazione dell’attività cerebrale

L’Alleanza Europea per l’Alzheimer spiega che il cervello è come un muscolo e « più è sollecitato, più si creano le sinapsi che collegano le cellule nervose ». Un’affermazione confermata dallo studio che abbiamo riportato. Un’attività di prevenzione dovrebbe dunque contemplare giochi di carte, sudoku, parole crociate, giochi da tavolo e giochi di gruppo. Di che scuotere le abitudini e risvegliare la nostra curiosità.

  • L’astensione dal fumo

Indipendentemente dai rischi di sviluppare tumori o altre patologie cliniche, il tabacco nuoce gravemente alla nostra memoria. Allora, “uomo avvisato…”

  • L’astensione dall’alcool

Anche il consumo di alcolici, come il tabacco, danneggia la nostra memoria, secondo gli esperti.

  • Il monitoraggio costante della pressione arteriosa

La prevenzione delle malattie cardiovascolari (ipertensione e diabete) è un’altra pietra miliare contro demenza senile ed Alzheimer. Per questo è importante monitorare regolarmente la pressione arteriosa che – se fuori controllo – può provocare dei mini-ictus limitanti il flusso sanguigno nelle aree cerebrali. 

  • La cura del sonno

Non esistono studî specifici che dimostrino un legame causa-effetto tra qualità del sonno e Alzheimer. Tuttavia, delle osservazioni scientifiche illustrano come le persone che soffrono di difficoltà di addormentamento sviluppino delle placche amiloidi² ovvero delle mini-lesioni cerebrali caratteristiche della malattia di Alzheimer. Coloro i quali soffrono di frequenti risvegli notturni (sonno frammentato) rischiano delle perdite di materia grigia e l’indebolimento di alcune aree cerebrali. Da ciò si evince l’importanza del sonno… e della meditazione, assicurano gli studiosi.

  • La prudenza nell’assunzione di alcuni farmaci

I consigli degli esperti si accorderebbero nello sconsigliare alcune terapie farmacologiche, tra cui quelle a base di ansiolitici benzodiazepinici, ma altresì sonniferi, psicotropi e anticolinergici. Per questo, è opportuno consigliarsi sempre col proprio medico o farmacista di fiducia.

² Le placche senili rappresentano una delle caratteristiche microscopiche principali della malattia di Alzheimer, insieme alla degenerazione neurofibrillare (ammassi neurofibrillari) ed all’Angiopatia amiloide (congofila). Fonte : https://it.wikipedia.org/wiki/Placche_senili

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici e non ha mai ricevuto finanziamenti privati fino al Marzo del 2023.

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