Cuore aperto e mano tesa

Cuore aperto e mano tesa

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

Con questo articolo giungiamo al termine del nostro percorso. Un cammino che auspico sia stato utile a molti e stimolante per tutti coloro hanno avuto la pazienza di seguirlo settimanalmente, da quando nel dicembre 2021 abbiamo iniziato a riflettere sul margine di libertà individuale e collettivo e ad analizzare i meccanismi che vincolano, plagiano e dirigono le nostre scelte. Per poi passare all’arte di vivere intensamente il presente. Altri due analoghi itinerarî sono in corso di elaborazione: uno relativo all’autostima, l’altro sull’arte della distensione. Entrambe sono qualità preziose da coltivare per affrontare “il logorìo della vita moderna”.

Dalla prossima settimana inizieremo un’esperienza più curiosa e, spero, intrigante intitolata “Pillole”. Trattasi di brevi note, appunti, pensieri, riflessioni scarabocchiate dal sottoscritto durante le formazioni seguite o rivolte a persone che richiedevano un aiuto. Un “prontuario” dal quale spero si evincano idee utili alla propria evoluzione personale.  

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«Se volete che gli altri siano felici, praticate la compassione. Se volete essere felici voi, praticate la compassione» (Dalai Lama)

« Da qualche tempo i bambini del quartiere correvano su tutte le aiuole. Victor, il mio “vicino benestante”, cominciò a sgridare i genitori che riteneva troppo permissivi e poco rispettosi delle regole di convivenza civile. Allora gli ho spiegato che le loro famiglie non potevano concedersi il lusso di andare in vacanza e che i loro appartamenti erano troppo esigui perchè i loro figli potessero giocarvi all’interno. Gliene parlai con estrema semplicità, esponendo pacatamente una mia osservazione. Con mia sorpresa, una luce gli brillò negli occhi ed esclamò: “Allora forse potrei offrire loro di passare un po’ di tempo nella mia casa in riva al mare… Resta vuota tutta l’estate!” Non so quale sia stata la mia espressione, ma ricordo che guardandomi scoppiò a ridere. Mi sono vergognato dell’opinione che mi ero fatta di lui, “il vicino ricco” che non credevo capace di tali atti di generosità. In quell’occasione scoprii un uomo sincero e dinamico che riuscì perfino ad ottenere il sostegno economico dell’amministrazione comunale per offrire la sua abitazione secondaria alle famiglie bisognose del quartiere durante tutta l’estate. Quando gli feci parte della mia ammirazione per il gesto compiuto, rispose: “Come potrei godermi le vacanze sapendo che i bambini non hanno alcuna possibilità di divertirsi? Nella vita riceviamo sempre qualcosa in cambio di ciò che diamo: per me è la soddisfazione di aver visto la gioia sui vòlti di questi piccoli!” Quest’uomo aveva una sensibilità ed una compassione che non avrei mai immaginato. Una bella lezione di vita ».

Una bella lezione di vita anche per me quando Roger, sessantreenne, mi raccontò questa storia.

La parola compassione, dal latino cum patior (soffrire con) e dal greco συμπάθεια, sym patheia (simpatìa) indica la capacità di ricezione emozionale della sofferenza altrui ed implica il desiderio di alleviarla. Richiama il concetto di empatìa.

Avere compassione ed esercitarla nelle relazioni interpersonali, intensifica il nostro piacere di vivere. Le persone dotate di questa qualità, godono più di coloro che vivono ripiegati su se stessi dei momenti previlegiati che la vita ci regala. Rivolti verso gli altri, all’ascolto dei loro bisogni, riescono a “risentire” i benefici della generosità e della solidarietà. Di una mano tesa, un sorriso, una parola. Perchè compassione è empatia, disponibilità, gentilezza. Queste qualità, proprie di un cuore nobile e di uno spirito aperto, disinnescano l’odio, zittiscono i rimproveri, smantellano i pensieri di rappresaglie. Come nel caso di Victor con i ragazzini del quartiere.

Al posto di giudicare negativamente un bambino che calpesta le proprie aiuole, al posto di reprimere o lamentarsi, una persona compassionevole si interroga sui motivi, sulle ragioni. Cosciente che ben poche persone si comportano male con la semplice intenzione di nuocere; la causa è sempre qualcosa di più profondo.

Esercitare lo spirito di compassione, significa uscire da un approccio giudicante per previlegiare l’attenzione alla persona che abbiamo davanti. Mettendosi nei panni dell’altro per percepire ciò che egli avverte. Rinforzando de facto i legami interpersonali e sociali.

Una qualità che ci fa sperimentare e vivere il sentimento della gratitudine, ovvero la consapevolezza di ciò che c’è di positivo nelle nostre vite.

Vivere la disponibilità nel dono di sè agli altri, significa dare senza attendersi nulla in cambio. Tutti noi abbiamo sperimentato almeno una volta il brivido, l’emozione di concedere benevolmente una parentesi del nostro tempo, della nostra esperienza, o un po’ di denaro per sentirci utili e regalare un momento di ben-essere a qualcuno.

Per alcune persone come Victor, dare qualcosa a qualcuno significa condividere un poco di quanto hanno avuto la fortuna di avere. In un gesto spontaneo e quasi naturale. Sono animi generosi, che hanno più gioia nel dare che nel ricevere. Al contrario, ci sono persone che lo fanno per il desiderio di offrire ad altri quello che è mancato a loro. Alcuni ne fanno un’attività a tempo pieno dedicandosi al volontariato. Prodigarsi per gli altri dà loro gioia e intima soddisfazione.

L’aprirsi agli altri, offrire una parentesi del nostro tempo, prestare loro veramente attenzione, può regalarci momenti di autentica gioia in un’esperienza fatta di compassione, condivisione, empatìa.

“Più che fare i negozi per i saldi, più che un pomeriggio in biblioteca; pari – forse – soltanto a ritrovarsi in compagnìa dei nostri nipotini” mi confermò una signora che all’indomani dal proprio collocamento a riposo iniziò a dedicarsi ad attività di volontariato.

Inoltre, come per le altre “belle” esperienze della vita, i momenti di condivisione a cuore aperto e mano tesa arricchiranno un giorno il prezioso cofanetto dei nostri ricordi.

Il dare e il ricevere fanno parte della dinamica stessa della vita, come le maree degli ocèani.

Compassione, generosità e gratitudine sono alla portata di tutti. Praticabili non solo in famiglia e con gli amici. Perché non dedicare qualche briciola del nostro tempo ad attività di volontariato, mettendo le nostre capacità – o anche solo la nostra pazienza e il nostro ascolto – a disposizione dei meno fortunati tra noi? Spesso è sufficiente uno sguardo, un sorriso, una parola per illuminare la giornata di una persona sofferente.

Modifichiamo… i nostri modi e tempi verbali. Amiamo al presente invece che al condizionale. Ricordandoci che voler bene a una persona perché la pensi come noi, ci assomigli, ci si capisca meglio o semplicemente “si comporti bene”, non è amore disinteressato. Anche se ha tinte paterne, materne, coniugali o parentali.

Amare è innanzitutto accettare l’altro per quello che è, rispettarne l’identità, la natura, le opinioni. In una reciprocità empatica e simpatetica.

Evitate di esprimere il vostro amore (solo) a parole. Abituatevi ad incarnarlo, tradurlo in gesti concreti, ancorché apparentemente piccoli e insignificanti.

Per essere “più presenti al presente”, abituatevi a concedervi un momento a fine giornata in cui ripensate ai vissuti condivisi per percepirne tutta la forza emotiva e la ricchezza vitale. Magari con un pensiero riconoscente per coloro che hanno incrociato i vostri passi regalandovi un pochino di sé.

Così saremo anche più felici.

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici e non ha mai ricevuto finanziamenti privati fino al Marzo del 2023.

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