Recensione: Teatro Vascello – Spellbound Contemporary Ballet

Recensione: Teatro Vascello – Spellbound Contemporary Ballet

Di Susanna Schivardi

Spellbound 25 è il progetto che celebra il venticinquesimo anniversario di Spellbound Contemporary Ballet. In scena dall’11 al 14 Novembre quattro spettacoli a firma dei coreografi Astolfi-Morau-Goecke che ha segnato un appuntamento importante con la danza contemporanea al Vascello per il Romaeuropa Festival.

La firma di Astolfi-Morau-Goecke ha suggellato sotto il profilo produttivo la creazione di questo anniversario, ricordiamo una produzione realizzata con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo e Regione Lazio/Dipartimento Cultura, Politiche Giovanili e Lazio creativo in collaborazione con Ambasciata di Spagna a Roma e coproduzione con il MilanoOltre e la tedesca Cult!ur Partner.

Foto: Susanna Schivardi

“Tre autori diversi Mauro Astolfi, Marco Goecke e Marcos Morau, accomunati da una danza densa e precisa, riconoscibile e spesso straordinaria, firmano le quattro creazioni che compongono questo programma: due progetti corali, l’onirico “Marte” di Morau e l’immaginifico “Wonder Bazaar“ di Astolfi costruiti sull’interno organico di nove performer, e due progetti a solo, l’acclamato “Affi” di Goecke affidato alla tecnica di Mario Laterza e il nuovo “Unknown Woman” di Astolfi dedicato ad una straordinaria interprete, Maria Cossu, che nell’anno del venticinquennale festeggia venti stagioni con Spellbound”.

Unknown Woman interpretato da Maria Cossu è un omaggio alla ballerina e alla sua vita, un rapporto continuamente in movimento tra lei e il suo “creatore”, in un certo senso, il coreografo Astolfi che la osserva sul palco e nella vita, imparando di lei l’interiorità soltanto attraverso il gesto esteriore, il movimento, la danza appunto. Sembra un diario scritto per immagini e passi sul palcoscenico. Una narrazione suggerita e mai palesata, rischiando così di immergere lo spettatore in una dimensione rarefatta di comprensione ma anche di distanza inevitabile, tra gli essere umani che nella comunicazione non trovano mai davvero la piena conoscenza di sé. Un percorso in a solo molto interessante.

Il secondo movimento, per così dire, è un corale di nove performers intitolato Wonder Bazaar, di Astolfi, Qui siamo veramente ad un mercato di umanità dove di umanità è rimasto ben poco. Uno strascico di rapporti umani si dilegua in un mondo metafisico, nel senso di oltre la fisica, in cui la macchina vorrebbe prendere il sopravvento totale sull’uomo. Tuttavia c’è ancora uno scampo, un barlume che investe qualche essere umano per inventare o tentare almeno di realizzare un vago progetto per liberarsi dal giogo della macchina, che come chioserebbe l’autore è pur sempre stata inventata dall’uomo e da esso deve essere comandata. Un anelito a non farsi sostituire dalla meccanica e far prevalere l’eterno umano, imprevedibile e inafferrabile, che è in noi.

Per la coreografia di Marco Goecke, Äffi  è un a solo interpretato da Mario Laterza, per le musiche di Johnny Cash. Uno spettacolo che in Italia solo Spellbound Contemporary Ballet ha in programma, la performance ha attraversato il repertorio di diverse compagnie di ballo nel mondo, interpretata da artisti eccezionali, ma solo una di queste rimane davvero memorabile, quella del fenomenale Marjin Rademaker, protagonista della prima nel 2006 e che gli è valsa per il premio come miglior dance performer in quell’anno per il “Der Faust” in Germania.

Qui Goecke racconta sé stesso e i suoi demoni, la distanza tra l’io e l’esterno dove nel vacuum esiste solo l’angoscia dell’esserci. In questo dissidio interiore che l’artista conosce bene già dall’adolescenza, si sviluppa la creazione artistica che pur sempre deve arrivare da un dolore. E proprio questo disagio lo porta a scoprire le frontiere dell’arte in cui sdoganare le proprie angosce e tornare a vivere, in un urlo liberatorio o in un gesto estremo e plastico, che si contamina evidentemente del balletto classico ma anche del Tanztheater tedesco.

Ultimo corale della serata “Marte”, per la coreografia di Marcos Morau, che appena 37enne già racconta di un addio. Il gruppo di danzatori vestito di un blu tra il cobalto e il petrolio, si muove in una performance ricca di ritmo e flessuosità, e nel loro essere gruppo sembrano una squadra di visitatori in cerca di un nuovo spazio da colonizzare e interpretare. Si sganciano e si riagganciano in una tensione continua di unione e divisione in cerca di un’ autentica identità. Il gruppo si muove con decisa precisione in un emergere di incastri e intrecci plastici così perfetti da dimenticare di essere di fronte ad un’umanità interiormente sconnessa. A tratti, i volti coperti da maschere di stoffa spersonalizzano l’io, per ridefinirli come gruppo post-identitario, unica somma di una creazione unanime e disincantata. Nel gruppo solo uno si distingue, la ballerina, a nostro avviso, regina di questa serata, Maria Cossu, che emerge dal magma blu petrolio con un costume rosso brillante come fuoco della passione, forza generatrice. Un vero inno all’epifania di un nuovo mondo.

Al teatro Vascello fino al 14 novembre, uno spettacolo per estimatori del genere e molto intenso, da capire e interpretare, diremmo un nuovo modo concettuale di intendere il ballo.

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