2031 Odissea nella Scuola. Un futuro senza prospettive?

2031 Odissea nella Scuola. Un futuro senza prospettive?

Di Claudio Rao

Mi ha molto colpito un dispaccio dell’ANSA della scorsa settimana su quello che potremmo definire analfabetismo di ritorno dei nostri giovani. Eccola: « Al centro-sud meno della metà dei diciottenni comprende i testi scritti – Ministero dell’Istruzione e del Merito».

La cosa pare confermata dai risultati disastrosi delle Prove INVALSI 2025 che hanno superato – in termini negativi – persino quelle datate Covid-19, come riportano alcune testate.

« Invalsi 2025, tonfo in italiano e matematica: risultati peggiori anche del periodo Covid » (Corriere della Sera). « Scuola, Invalsi 2025: un giovane su due finisce le superiori senza un livello base in italiano e matematica » (Il Sole 24 Ore).

Magra consolazione (che potremmo perfidamente sospettare correlata): « Scende la dispersione scolastica esplicita ma sale quella implicita “Abbiamo raggiunto gli obiettivi che l’Europa ci chiede”. Persiste il divario tra le regioni del Nord e quelle del Sud » come argomentano le colleghe Gianna Fregonara e Orsola Riva, autrici del libro « Non sparate sulla scuola » , Solferino editore.

Mi sembra lecito e perfino doveroso interrogarsi sulle cause che hanno condotto il nostro sistema educativo a sfornare persone con tali carenze e lacune. Com’è possibile che l’istruzione e la cultura che, nello spirito dei Padri costituenti, la Repubblica dovrebbe impartire e promuovere conoscano un periodo di tale oscurantismo?

Le cause sono molte e vedono la nostra scuola in caduta libera da diversi anni. Intendiamoci, il fatto che molti Italiani vadano all’estero e si facciano onore nei campi più disparati (dalla medicina, alla ricerca) attesta della validità di un sistema educativo troppo spesso criticato a torto. Tuttavia, dati reali ed incontrovertibili attestano il cattivo stato di salute della Scuola italiana.

Se l’inclusione è stata una tappa fondamentale, a cominciare dall’ingresso dei disabili nelle scuole di ogni ordine e grado, il loro percorso è stato inficiato da questioni di bilancio. Il sostegno è stato concesso col contagocce e molti casi vengono delegati agli insegnanti curricolari non necessariamente abilitati e già gravati dalla conduzione della classe in un contesto di perenne mutazione. Lo stesso dicasi per gli alunni stranieri, la cui alfabetizzazione preliminare, indispensabile all’integrazione nelle classi, è spesso considerata un atto di rifiuto e di esclusione. Per non parlare dei più dotati e i più capaci, troppo spesso mortificati dal dover sentire ripetere sotto molteplici forme cose che altri non hanno ancora capito in luogo di essere stimolati, incoraggiati, provocati intellettualmente.

I docenti, sempre più gravati da compiti amministrativi, si riducono a programmare attività e lezioni, correggere compiti, preparare cartelloni e materiali a casa, nelle ore serali o nei week-end.

La normativa poi, esaltando giustamente il ruolo delle famiglie in quella che potremmo definire “alleanza educativa”, impone spesso agli insegnanti – con la complicità di molti capi d’istituto – un’eccessiva attenzione alle attività, se non ludiche, quanto meno dinamiche ed extra-muros, privandoli di un tempo-scuola fatto di spiegazioni, ascolto, letture, proposte, esercizi e verifiche in itinere. E tutti sappiamo quanto lo studio necessiti di tempi di concentrazione e di attenzione. Di fatica. Stare chini sui libri, ricopiare, capire, misurarsi con concetti a prima vista ostici fa parte integrante della crescita, della maturazione, del processo di insegnamento-apprendimento. Tendere a trasformare la scuola in un  Villaggio Alpitour, probabilmente non è la miglior soluzione.

Stendiamo un velo pietoso su lavagne multimediali, tablet e smartphone che – ancorché utilissimi – stanno facendo un gran danno alle capacità apprenditive dei nostri ragazzi. Video di pochi minuti, parlati e sottotitolati, in cui il giovane non deve fare alcuno sforzo di comprensione né attivare particolari capacità mnestiche e che spesso fanno appello alle emozioni epidermiche ed immediate, di pancia, senza alcun filtro logico o culturale. Senza alcun contraddittorio, soprattutto. Ci sarà una ragione per cui i creatori di questi – ripeto, utilissimi – strumenti mandano i figli in scuole esclusive (e costosissime) in cui computer, smartphone e tablet sono banditi!   

Ciliegine sulla torta, quello che io chiamo il Catechismo di Maastricht con la sua educazione alla tolleranza, all’accoglienza, all’eco-responsabilità (che sottrae tempo prezioso allo svolgimento dei programmi curricolari) di cui l’Agenda 2030 ne é la Magna Carta e la miope volontà della riuscita universale, del diploma per tutti, (abbassando vertiginosamente i livelli minimi richiesti agli studenti) con l’abolizione di ogni forma di controllo ed autorevolezza, fonti di intollerabili frustrazioni. Il peggiore spirito Sessantottino in salsa XXI° secolo, insomma. 

Fronte ad un mercato del lavoro sempre più selettivo ed esigente. Che non esita ad emarginare o ad escludere coloro che si rivelano troppo lenti, remissivi, poco performanti e incapaci di competizione.

Inutilmente – già nel lontano 1975 – il noto giornalista Vittorio Buttafava ammoniva: «Molti genitori soffrono, smaniano, si arrabbiano, perché il figlio, secondo loro, è trattato a scuola con ingiustizia dagli insegnanti. Ma sbagliano. Non diciamo, forse, che la scuola è palestra di vita? Ed allora, via, accettiamo che i nostri figli si preparino, sui banchi di scuola, anche alle ingiustizie della vita. Allenati a sopportare i capricci dei Professori, le interrogazioni sfortunate, le bocciature immeritate, forse, riusciranno, da adulti, a resistere ai disinganni nella carriera, ai tradimenti degli amici ed alle assurdità della Legge »¹.


¹ Dal libro “La  vita è bella nonostante”, GAEditori.

Ringrazio mia figlia Valentine per le riflessioni che mi hanno portato ad arricchire queste considerazioni.

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