La sologamia, l’atto di sposare se stessə, è il nuovo fenomeno sociale basato sull’inclusività. Fondazione Solares delle Arti porta a Videocittà la performance digitale di Elena Ketra dal 13 al 16 luglio. L’artista: “È la presa di coscienza di sé e delle proprie capacità, forza e bellezza, al di là di diktat estetici, sociali e sessuali uniformanti. L’inclusione sociale parte prima di tutto da noi stessə”Sologamia, ovvero il matrimonio con se stessə. E’ solo di recente che il termine “sologamia” ha fatto capolino, ma ancora se ne conosce poco, almeno in Italia, di quello che ha tutti i connotati di un autentico fenomeno sociale contemporaneo. Lo stesso termine non ha tuttora una definizione ufficiale nemmeno nella Treccani, l’enciclopedia italiana più famosa.In realtà, la sologamia è una pratica che esiste da decenni in Giappone, ed è fondata su una filosofia intimista volta alla cura del sé e del proprio benessere interiore, a Kyoto c’è pure un’agenzia che propone pacchetti per matrimoni “self-wedding” che sono molto richiesti, soprattutto dalle donne. Ma non solo, ha fatto una timida comparsa sul piccolo schermo all’interno della serie Sex and the City e recentemente una indiana che si è spostata con se stessa ha fatto parlare a livello internazionale.IL CONCETTO DI SOLOGAMIA ADESSO ARRIVA NELL’ARTE, è nata la performance digitale “Sologamy” (www.sologamy.org) dell’artista vicentina Elena Ketra, che recentemente ha esposto al Museo Madre di Napoli. La performance sarà presentata dalla Fondazione Solares delle Arti, in collaborazione con la galleria romana Supermartek in anteprima internazionale dal 13 al 16 luglio a Videocittà, il Festival della visione e della cultura digitale, presso il Gazometro di Roma.Nella sezione dedicata all’arte contemporanea chiamata “Agorà Expo”, sarà allestita un’area per il progetto Sologamy. Chi vorrà sposarsi con se stessə, inserendo i propri dati grazie ad uno schermo touchscreen, “in virtù dell’arte e dell’amore” potrà farlo con tanto di certificato che attesta il proprio matrimonio sologamico. Tale certificato, firmato dall’artista, è un’opera unica.Elena Ketra spiega così la poetica che l’ha ispirata: “Imparare ad amare se stessi è necessario per poter amare in modo libero ogni altro essere umano. È l’affermazione della propria indipendenza affettiva, la presa di coscienza di sé e delle proprie capacità, forza e bellezza, al di là di diktat estetici, sociali e sessuali uniformanti. L’inclusione sociale parte prima di tutto da noi stessə”.Le prime opere attorno a questo concetto risalgono al 2021, una serie di lastre specchianti sulle quali è impressa una torta nuziale stilizzata a più piani sopra la quale troneggia un pezzo degli scacchi femminile, maschile e neutro, e sotto la definizione della parola sologamia, in dialogo con un’altra opera-specchio “Nontiscordardite”. Il filo conduttore della ricerca di Elena Ketra è l’empowerment femminile e l’inclusione sociale, ponendo come centro della riflessione il sé come persona, oltre stereotipi di genere. Questa performance ne è il manifesto più limpido e sincero, in quanto esiste solo grazie all’interazione e abbraccia tutti i generi.SCHEDA: CHI E’ ELENA KETRA Elena Ketra è un’artista visiva la cui ricerca affronta temi sociali, su tutti l’empowerment femminile e l’inclusione di genere. Le sue opere da “Girlpower 4010”, un tirapugni a dondolo per bambine feroci, la serie “Serialmirrors”, specchi feticcio che riflettono storie di donne assassine fino a Utereyes, l’utero con gli occhi che non subisce ma sceglie, sono accomunate da quell’indole chiara alla ribellione ai ruoli assegnati e agli stereotipi di genere. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive, tra cui al Museo Madre di Napoli, al MAM di Mantova, al Silesian Museum di Katowice (PL) e alla Stichting Artes di Amsterdam. Nel 2022 vince l’exibart prize nella sezione dedicata all’inclusione. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private tra cui quella della Fondazione Solares delle Arti. (www.ketra.it)SCHEDA: STORIA DELLA SOLOGAMIA In Occidente si racconta che il primo caso sia avvenuto negli Stati Uniti nel 1993, quando una certa Linda Baker per festeggiare il suo quarantesimo compleanno decise di sposare sé stessa, come atto di amore profondo per la propria persona. Avvengono poi altri casi nel mondo, ma non richiamano l’attenzione, sono episodi unici e sporadici. Approda poi – in sordina – sul grande schermo nel 2003 in un episodio della serie televisiva Sex and the City, quando la protagonista Carrie Bradshaw, interpretata da Sarah Jessica Parker, annunciò che si sarebbe sposata con sé stessa. Erano tutti i primi segnali di un fenomeno sociale sul nascere. E arriviamo ai giorni nostri, diversi sono stati i matrimoni sologamici soprattutto all’estero, uno su tutti ha fatto il giro del mondo quello di Kshama Bindu, la ventiquattrenne di Vadodara, che entra nella storia dell’India rompendo un tabù e affermando che tale scelta è stata dettata per condurre: “uno stile di vita che mi aiuti a crescere e fiorire nella persona più viva, bella e profondamente felice che possa immaginare”. Secondo diversi report, la sologamia quindi è divenuta una realtà tangibile, non una moda passeggera, ma un sentire contemporaneo di un’autentica rivendicazione di indipendenza che sta interessando anche l’Italia. |
DONA ORA E GRAZIE PER IL TUO SOSTEGNO: ANCHE 1 EURO PUÒ FARE LA DIFFERENZA PER UN GIORNALISMO INDIPENDENTE E DEONTOLOGICAMENTE SANO
Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
Lascia un commento