Italia e rischio idrogeologico: quanto (poco) vale la vita degli italiani?

Italia e rischio idrogeologico: quanto (poco) vale la vita degli italiani?

Editoriale del direttore responsabile Emilia Urso Anfuso

L’Emilia-Romagna è in ginocchio e non solo per i danni strutturali di incredibile portata causati dalla pioggia battente: i morti sono saliti a 9, le persone evacuate dalle abitazioni sono oltre 20.000 e circa 250 sarebbero le frane causate dall’esondazione di 23 fiumi.

Ieri sera in televisione ho assistito a un tripudio di dichiarazioni eco-ambientaliste post-tragedia ambientale e umana, come accade sempre. All’interno della trasmissione Controcorrente in onda su Rete4, gli ospiti in studio hanno dichiarato le loro opinioni, perché di questo si tratta alla fine, a meno di non essere esponenti di spicco del mondo scientifico.

Il dibattito si è (ovviamente) arenato tra le dichiarazioni ambientaliste di Angelo Bonelli, parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra, le simpatiche esternazioni di un attivista di Ultima Generazione – movimento onnipresente come lo furono le “Sardine” – e il tentativo di riportare un minimo di ordine e coerenza su un tema particolarmente serio e utile per tutti noi, da parte dell’unico ospite in studio capace di mettere in fila due ragionamenti azzeccati e frutto di studio scientifico, non di opinioni personali: Franco Battaglia, professore di chimica presso l’Università di Modena. Il collega Pietro Senaldi, condirettore di Libero con cui ho scambiato alcuni messaggi via WhatsApp mentre mandavano in onda la pubblicità, ha tenuto duro contro i tentativi di demolizione della logica che giungevano ora da Bonelli ora dall’attivista.

Una cosa è apparsa chiara: la politica ha ormai preso il potere e il sopravvento anche sulla scienza. Abbiamo toccato questa feroce realtà durante i tre anni di pandemia da SarsCov2, quando, di fronte alle dichiarazioni di ricercatori, scienziati, medici di buon senso, tuonavano le urla e imposizioni di capi partito, premier, sindaci e ministri, evidentemente interessati a manifestare la loro adesione a un qualche importante trattato mondiale stipulato in gran segreto per tutelare la salute dell’umanità. …alcuni ritengono che questo trattato non sia poi così segreto e che la politica sia ormai troppo avvezza ad acchiappare soldi e potere da chiunque essi giungano, ma queste sono opinioni popolari a cui non si deve dar troppo peso…

Dalla tragedia del Ponte Morandi alle migliaia di ponti e viadotti ad alto rischio

14 Agosto 2018: crolla un troncone del Ponte Morandi di Genova. 43 vittime e 566 sfollati. Quel tratto di ponte è stato ricostruito in circa 2 anni su un progetto dell’architetto Renzo Piano. Due anni, per un paese come l’Italia, è un tempo record. Altrove lo avrebbero ricostruito in pochi mesi, ma la cosa importante da considerare è un’altra: sarà stato ricostruito nella massima sicurezza?

Non sto mettendo in dubbio nulla e nessuno, la mia è una riflessione che non viene mai fatta, almeno non pubblicamente, ogni volta che accade una simile tragedia e si ricorre poi alla ricostruzione.

Quanti italiani si sono posti la domanda: ma i lavori di ricostruzione, saranno stati fatti a dovere? Quanto dureranno e in sicurezza? Di chi possiamo fidarci in un paese, il nostro, che eccolo qua: è un colabrodo per ogni struttura pubblica?

Secondo uno studio condotto da Carlo Castiglioni e Alessandro Menghini del Politecnico di Milano e presentato durante il convegno “Uno sguardo oltre il ponte”, in Italia ben 1.900 ponti presentavano già nel 2021 “Altissimi rischi strutturali” mentre oltre 18mila viadotti presentano criticità e necessitano interventi di manutenzione.

E’ stato preso in considerazione questo studio? No. Si è mosso qualcosa? Qualcuno ha chiamato l’esercito, il Generale Figliolo o qualche altro alto graduato è stato messo a capo dell’unità di crisi per il rifacimento globale dei ponti e dei viadotti italiani? Macché, non scherziamo.

Un conto è avviare lo stato di crisi post tragedia, un altro conto è mettere in bilancio somme ingentissime per mettere in sicurezza la popolazione.

Fatemi fare una battuta: come lo aiutiamo, poi, Zelensky e come facciamo a sottostare alle ormai quotidiane richieste che ci giungono dalla Commissione Europea che a tutto pensa, tranne alla salute, al futuro, alle garanzie degli italiani di oggi e di domani? Non scherziamo!

Con la UE ci siamo indebitati fino oltre il collo con la “potenza di fuoco” – cit. Giuseppe Conte che a sua volta citava Angela Merkel – dei miliardi di euro, e stiamo già ripagando i debiti a suon di riforme, tutte contro i diritti dei cittadini a ben vedere, oltre all’introduzione di misure spesso paradossali, come la negazione del barbecue nei giardini privati, la pretesa di non far affittare o vendere il proprio immobile se non a fronte di costose spese di messa a norma sulle regole ambientali e “cosette” di questo genere.

Quanto costa la sicurezza degli italiani

Secondo un’indagine sviluppata dalla Corte dei Conti, in Italia oltre al rischio sismico esiste anche quello legato alle frane e alla ciclicità delle allvioni, al punto da essere primi a livello europeo per quanto riguarda qusti tipo di rischi.

I comuni ad alto rischio idrogeologico sarebbero circa 7.000 per una spesa calcolata in circa 27 miliardi di euro.

Il Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo ha pubblicato sul sito istituzionale il ReNDis2020, che dimostra chiaramente come negli ultimi 20 anni in Italia si sia fatto poco o nulla per difendere il territorio da queste sciagure naturali e quindi, per salvaguardare la sicurezza degli italiani.

Di 27 miliardi stimati per la messa in sicurezza, quindi, ne sono stati spesi poco meno di 7.

Ecco di seguito il documento originale in formato .PDF del rapporto in questione

Quale logica si nasconderebbe dietro a queste lentezze e a queste limitate risorse spese per mettere al sicuro l’Italia e gli italiani? A quanto pare è la solita burocrazia, che spesso fa perdere i confini delle competenze, delle responsabilità, del chi può fare cosa, quando e perché.

Nel frattempo qualche ponte crolla, un’alluvione miete vittime, un nubifragio spazza via un pezzo di territorio nazionale e nell’impietoso, quanto imbarazzante gioco dello scaricabarile, si punta il dito contro il cambiamento climatico e si oscurano e zittiscono scienziati del calibro di Zichici, Rubbia o altri ancora, che hanno l’estrema colpa di minimizzare su questo tema e di sollevare quello reale legato al mancato consolidamento e messa in sicurezza del territorio.

Non c’è troppo da aggiungere, non ci sono misteriose formule segrete che possano salvare il sistema paese se questo sistema è radicato in maniera consapevole. Gli estremismi servono a poco, ma tra chi si incolla le mani sulle opere d’arte e coloro che pensano che nessuna stranezza climatica avvenga, direi che la via di mezzo starebbe nel mettere intanto in atto i lavori di consolidamento necessari a mettere in sicurezza le strutture analizzate nei vari rapporti, per poi rilflettere sulle reali priorità di questo paese, che forse sta morendo a causa della scarsa, se non assente, partecipazione da parte della popolazione.

Se si lasciano sempre i cavalli a briglie sciolte, non ci si può poi lamentare di esser stati disarcionati…

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Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici e non ha mai ricevuto finanziamenti privati fino al Marzo del 2023.

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