Coraggio: assenza di paura? Direi proprio di no!

coraggio

Di Sergio Ragaini

Spesso, quando si pensa al coraggio, lo si associa all’assenza di paura, e allo sprezzo assoluto del pericolo. Nessuna di queste opzioni è vera: il coraggio non è sprezzare il pericolo, ma comprendere il pericolo, ed agire, sempre attraverso la consapevolezza delle proprie azioni, e valutando il rischio. Inoltre, coraggio non è assenza di paura, bensì comprensione profonda della paura e dei suoi meccanismi. Senza mandarla via, ma tenendola dentro di noi, forse come spia che ci fa capire se stiamo esagerando. E andando avanti, nonostante la sua presenza.

“Avere il coraggio delle proprie azioni”, “avere il coraggio di cambiare”, “è un a persona molto coraggiosa”. Oppure, in forma diversa: “Ci vuole coraggio per fare questo”, o addirittura “ci vuole un bel coraggio…”. Questi sono solo alcuni esempi di frasi dove compare la parola “coraggio”.

Il coraggio è una cosa che, nella vita di una persona, è importante. Addirittura diverse canzoni contengono questa parola. Anche in un periodo come quello attuale, l’unico modo per non soccombere è avere un po’ di coraggio. Senza, si finisce completamente succubi del sistema, che finirà per schiacciarci, senza che noi ce ne possiamo accorgere nemmeno.

Tuttavia, è importante capire cosa questa parola significhi. Anche per comprendere cosa è davvero il coraggio, e come utilizzarlo. Senza cadere in un eccesso di spavalderia, che non è sicuramente coraggio, ma ben altro.

Innanzitutto, parlando di coraggio, facciamoci aiutare dalla parola inglese che esprime questo concetto: le parole inglesi aiutano spesso, e anche stavolta sarà così. Questa parola è “courage”. Una parola come tante altre, che indica il coraggio. Ed era anche il titolo di un celeberrimo libro del maestro spirituale Osho. Il sottotitolo del libro è “come vivere la propria vita senza mai tirarsi indietro”.

Questo è già un punto di partenza interessante. E dice che coraggio è “vivere la propria vita senza mai tirarsi indietro”. Tuttavia, detta così può sembrare che coraggio sia affrontare “qualsiasi cosa”, anche quelle apparentemente assurde o senza senso.

Invece non è assolutamente così: “non tirarsi indietro” significa semplicemente credere nelle proprie idee, e andare fino in fondo. In questo, però, ci sono dei precisi limiti, che sarà importante evidenziare, per non cadere in eccessi, assolutamente inutili e molto pericolosi.

Per capire di cosa si tratta, consideriamo un’altra parola inglese, “bravery”. Questa significa più o meno “spavalderia”, e in italiano, in alcuni casi, si potrebbe anche rendere come “incoscienza”. Questa parola, passando ora alla lingua italiana, significa “non coscienza”, quindi mancanza di coscienza o, se si vuole, di consapevolezza.

Il coraggio, invece, come spiega Osho, è una scelta molto consapevole. Ed è proprio la consapevolezza la caratteristica di una persona davvero coraggiosa. Eppure, se pensiamo a film quali “Brave Heart”, reso come “cuore impavido”, pensiamo che questo essere “brave” sia essere “coraggiosi”.

Come detto prima, invece, questo non accade. E lo stesso William Wallace era molto consapevole di quello che stava facendo: infatti, sarà proprio la sua grande consapevolezza che gli permetterà la vittoria finale sull’esercito inglese.

Il coraggio, quindi, nasce sì dall’assumersi dei rischi, ma anche dalla valutazione, dalla consapevolezza. Altrimenti non è coraggio.

Nel mondo Zen dicono una cosa importante, che credo possa fare capire la questione: non bisogna prendere le corde per serpenti (velenosi, naturalmente), ma nemmeno i serpenti per corde. Questo ci dice che i pericoli esistono, e vanno valutati.

Il coraggio, quindi, il “courage” inglese, è una scelta di piena e totale consapevolezza, in questo senso. Mentre la sfrontatezza, la spavalderia, in una parola la “bravery” inglese, è totale mancanza di consapevolezza, è mancanza di coscienza dell’esistenza di rischi. O il volerli ignorare, cosa che sarà una questione molto importante.

Insomma: “bravery” è non guardare in faccia alle cose per quello che davvero sono, e negare l’esistenza di situazioni di pericolo.

Facciamo un esempio, riferendosi ancora a quanto si diceva nel mondo Zen: siamo su un’autostrada diritta, andando a velocità normale. In quel momento, percepirla come una situazione pericolosa è prendere una corda per serpente.

Ci troviamo invece su una strada di campagna, con il fossato a lato. C’è una fitta nebbia, è notte, e la visibilità è prossima a zero. A questo punto, considerare quella situazione come “sicura” è prendere un serpente per una corda. La cosa migliore, a quel punto, sarebbe non trovarsi in quella situazione,. Se proprio, per qualche motivo, non la possiamo evitare, occorre sapere che non è una situazione sicura, ed affrontarla come tale.

Ecco quindi una prima idea di coraggio: il coraggioso non è colui che sprezza il pericolo “sempre e comunque”, non è colui che fa follie: il coraggioso è colui che valuta un rischio, che sa che il rischio c’è. E, nello stesso tempo, prende le dovute precauzioni.

La “bravery”, in questo caso, è affrontare la situazione con spavalderia, magari guidando veloce, affermando a sé stessi che non c’è alcun  pericolo. In quel caso, una cosa fortemente probabile sarà… trovarsi dentro il fossato! A quel punto, si capirà a nostre spese che quella cosa non era da fare, che quello non è coraggio, ma solo incoscienza e incapacità di capire quando vi è un vero pericolo, e saperlo affrontare come occorre fare. Riferendosi alla situazione appena passata: supponiamo che  una persona decidesse di ribellarsi al lockdown passato andando fuori ed insultando le forze dell’ordine, o addirittura cercando di forzare dei posti di blocco. In quel caso, l’unica cosa che avrebbe rimediato sarebbe stata quella di essere incriminato. Quindi, quella azione non avrebbe permesso alcuna affermazione di coraggio, ma solo una non consapevolezza di quello che si faceva e di quello a cui si andava incontro.

Un’azione coraggiosa, invece, avrebbe potuto essere decidere comunque di uscire, affermando il proprio diritto naturale a farlo. In caso di sanzione, ci si organizzava per dimostrarne la non legittimità costituzionale, ma sempre nei limiti dell’azione civile. Oppure, come è stato fatto, agire attraverso “class action”, come quella di querela a Conte proposta dall’Avvocato Edoardo Polacco. Questo non vuol dire che, in alcuni casi, il coraggio non possa prevedere un’azione di forza: tuttavia, questa deve essere valutata e compresa. E, soprattutto, essere collettiva e mirata: diversamente si rischia di fare azioni che “sparano nel mucchio”, quindi del tutto improduttive.

La paura, come abbiamo visto in passato, disconnette la corteccia cerebrale: infatti, porta ad un’azione d’impulso, istintiva. Questa può funzionare, ed essere salvifica, ogniqualvolta si richiede qualcosa di veloce e tempestivo. L’uomo, però, come visto, teme anche cose che non sono tangibili, ma solo immaginate e pensate. Quindi, sotto l’effetto di questa “paura della paura”, la persona reagisce d’impulso, senza pensare. La paura è un forte manipolatore, e il regime attuale ha saputo, purtroppo, utilizzarla molto bene per i suoi scopi ben poco luminosi. Per capire a che punto questa manipolazione può arrivare basta guardarsi intorno!

Tuttavia, c’è un’altra emozione che disconnette la corteccia cerebrale: si tratta della rabbia. Questa è molto vicina alla paura: infatti, la persona impaurita è sempre sulla difensiva. E questo può portarla a due azioni possibili: la prima è la fuga, mentre la seconda è l’attacco rabbioso e incontrollato. In questo caso, la rabbia incontrollata è “l’altra faccia della paura”. 

Senza ora considerare le due possibili tipologie di rabbia, quella “esplosiva” e quella “implosiva”  (spero di tornarci in un prossimo articolo) credo sia ora interessante vedere le sue relazioni col coraggio. Il coraggio, come visto, è comprensione e valutazione. La persona coraggiosa valuta e pondera, prima di agire. Poi agisce, assumendosi il relativo rischio.

Su questo tema dell’assunzione del rischio torneremo a brevissimo. Prima, però, cerchiamo di comprendere come la cosiddetta “bravery” non sia coraggio, ma una forma di paura mascherata. Infatti, chi compie atti estremi, lo fa quasi come sfida. Oppure, il suo sentimento di paura, lo porta a credere che solo “esagerando” un’azione si possa ottenere un risultato.

Anche l’impulso della fortissima rabbia può dare le stesse conseguenze: come detto, le due emozioni (paura e rabbia) sono figlie della stessa matrice. E sono due di quelle che il Dalai Lama chiama “emozioni distruttive”.

La persona che fa cose assurde, assumendosi dei rischi eccessivi, potrebbe o non esserne consapevole (è il caso dell’incoscienza pura) oppure avere consapevolezza del rischio, e cercare di “sfidarlo”. Chi fa sport estremi, spesso, non è una persona coraggiosa, ma estremamente paurosa. Trasmissioni come la nota “Fear Factor” non avevano concorrenti coraggiosi, ma molto paurosi, solitamente, che erano lì per sfidare la paura, per esorcizzarla, per “giocare con la morte” e quasi sentirsi invincibili, immortali.

In fondo, com,e ben sappiamo dalla psicologia, il “complesso di superiorità” nasconde sovente un forte “complesso di inferiorità”, dove l’ostentata superiorità serve solo per compensarlo. Qui accade, credo, esattamente la stessa cosa: la persona ha una fortissima paura di una situazione, e si getta in qualcosa di estremo, senza valutare i rischi, solo per andare oltre.

Ovviamente, ci sono situazioni in cui la persona prova solo il brivido, ma non il rischio. È il caso, ad esempio, della nota “otto volante”, dove si ha solo la sensazione di precipitare: in realtà nessuno precipita, e tutto è calcolato. Anche in sport come il “bungee jumping”, dove una persona si lascia andare nel vuoto, legata solo ad un robustissimop elastico,  sembra di fare follie, ma in realtà è tutto perfettamente calcolato, e nessun rischio, o quasi (anche lì dipende alla sicurezza adottata) è possibile.

Altre volte, tuttavia, le persone vanno quasi a “sprezzare” il pericolo. In quel caso, vogliono, cercano, bramano i contatto con la morte, il vedere la morte in faccia, quasi come per andare oltre, e dire che non potrà toccarli.

Quindi, questo modo di sprezzare il pericolo, non è coraggio, ma mancanza di consapevolezza, o modo per esorcizzare la paura e la morte. È quindi l’opposto del coraggio. La paura, però, ci serve come riflessione conclusiva. Qualcuno, infatti, potrebbe pensare al coraggio come l’opposto della paura. In effetti così apparirebbe. Tuttavia, non credo sia corretto. Altrimenti “coraggio” vorrebbe dire “assenza di paura”.

Invece non è così: come detto in precedenza, il coraggioso calcola il rischio, lo pondera, e poi agisce, sapendo di assumerselo. In quel momento, questo rischio potrebbe anche causargli paura. Tuttavia, il coraggioso non farà nulla per mandare via quella paura. Magari in un determinato momento quella paura potrebbe essere per lui salvifica! E sarà proprio dalla sua comprensione che nascerà consapevolezza!

Il coraggioso, semplicemente, osserva quella paura, la comprende e poi va oltre. Insomma: il coraggioso capisce che esiste la paura, e fa le cose “nonostante” la paura. Un qualcosa di nuovo, ad esempio, essendo la nostra mente, anche quella delle persone più innovative, fortemente abitudinaria, può spaventare. Tuttavia, il coraggioso non sarà quello che non sarà spaventato per questo, bensì colui che, pur spaventato, intraprenderà quella cosa nuova.

Lo scopo, quindi, non è cancellare la paura, ma capirla, e andare oltre. Questo è il vero coraggio: la paura è lì, ma il coraggioso non ne è più coinvolto. La osserva ma la lascia dov’è: lui va avanti.

Concludo con il discorso relativo all’assunzione di rischio, di cui parlavo prima: qualsiasi azione comporta dei rischi: il rischio nullo non esiste, per quanto cerchiamo la massima sicurezza in ogni cosa della nostra vita. Tuttavia, anche la “non azione” è un’azione, e spesso è la più pericolosa in assoluto. Laddove non agiamo, infatti, la vita agirà per noi. Quindi, se non agiamo, poi dovremo subire delle azioni, magari decisamente nefaste e dannose per la nostra vita. Quindi, dopo avere compreso, il coraggio ci porterà ad agire. Assumendocene i rischi. Sapendo che rischieremmo di più senza agire. E che la paura è lì: ma noi andremo oltre.

Così facendo, avremo il migliore divenire per la nostra vita.

Riferimenti:

Osho, nei suoi scritti,m sia del coraggio che della paura.

Il citato libro di Osho sul coraggio è disponibile sui principali store online. Ad esempio su Amazon all’indirizzo:
https://www.amazon.it/coraggio-propria-esistenza-tirarsi-indietro/dp/8870710637/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&dchild=1&keywords=il+coraggio+osho&qid=1595328404&sr=8-1

In un altro suo libro Osho si occupa anche della paura. Lo fa nel libro: “La paura: comprenderla e dissolverla”. Se ne trova un’edizione anche con Cd audio. Ad esempio lo si trova su Amazon all’indirizzo:
https://www.amazon.it/paura-Comprenderla-dissolverla-CD-Audio/dp/884529336X/ref=sr_1_1?adgrpid=55319809871&dchild=1&gclid=Cj0KCQjwpNr4BRDYARIsAADIx9wSxjL5ExWW1h8KBVbt6ajxL0gO1xABGFm2lP6-QnnBt9d6wvTMGq4aAtRyEALw_wcB&hvadid=255152740283&hvdev=c&hvlocphy=1008456&hvnetw=g&hvqmt=e&hvrand=1523074342100959457&hvtargid=kwd-338748245186&hydadcr=19542_1757736&keywords=la+paura+osho&qid=1595328531&sr=8-1&tag=slhyin-21

Sul coraggio si può anche leggere l’articolo all’indirizzo:
https://www.centodieci.it/2018/04/perche-essere-coraggiosi/

Sulla paura, il materiale in rete è abbondante. Il giornale  di psicologia “State of Mind” se ne occupa all’indirizzo:
https://www.stateofmind.it/tag/paura/

Nell’articolo all’indirizzo: https://lamenteemeravigliosa.it/paura-basi-fisiologiche-psicologiche/ ci sono anche alcuni rimandi ad altri articoli collegati in qualche modo al tema della paura. Uno di questi parla di “distanza”, tema quantomai attuale oggi.

Sul tema della paura, è bello leggere anche cosa ne pensa il formatore e divulgatore Igor Sibaldi, che ha sempre delle intuizioni e propone delle visioni e delle linee guida esistenziali interessanti e a volte davvero geniali. Il suo contributo sul tema si può leggere su:

https://tlon.it/igor-sibaldi-spiega-i-meccanismi-della-paura/

Il testo è tratto dal suo libro “Il mondo dei desideri. 101 progetti di libertà”, che si trova online su diversi shopping virtuali. Ad esempio, su Amazon, lo si può trovare all’indirizzo:

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