Apprendimento naturale: scopri come funziona la tua mente – 1

Apprendimento naturale: scopri come funziona la tua mente – 1

Di Sergio Ragaini

Sovente, molte persone, probabilmente anche qualcuno di voi che leggete, pronunciano frasi come “Sono negato per le lingue”, “Non riesco a scrivere”, “Non ho memoria”… e così via.

Queste sono idee che, ormai, si sono radicate fortemente in loro. Così fortemente che… ci credono davvero. Tuttavia, la domanda che si potrebbe fare a queste persone è: “Siete sicuri?”. Magari, la risposta riguarderà i voti a Scuola o cose di questo tipo.

Bene, cari amici: forse è giunto il momento di “riconsiderare” queste vostre idee. Magari, quello che credete di voi non è vero. E, magari, scoprirete di avere un talento incredibile verso qualcosa nella quale credevate di essere del tutto negati.

In questo lavoro, in più parti, cercheremo di capire come si può tornare a “volare”, con la propria mente. Prendendo coscienza di una cosa: noi questo l’abbiamo già fatto, nei primissimi anni di vita. E, grazie a questo, abbiamo imparato tantissime cose. Semplicemente perché… abbiamo lasciato libera la mente di lavorare per come è programmata. Questo, prima che arrivassero la Scuola e l’Educazione a “bloccarla”, incanalandola in schemi quasi opposti ai suoi naturali di funzionamento.

In questa Prima Parte ci occuperemo di capire come la mente naturalmente, funziona, e verranno proposti degli esercizi per “saggiarne“ il suo naturale funzionamento. 

In questa Prima Parte, getteremo qualche idea che3 ci servità poi per il tema dell’Apprendimento Linguistico. Nella seconda parte ci occuperemo di come la mente “non” funziona naturalmente, e mostreremo come la Scuola sia, nel senso in particolare dell’apprendimento linguistico, ma non solo, “bloccante”. E verranno portati esempi che renderanno questo piuttosto evidente.

Poi, nella terza parte, ci occuperemo di come comprendere fluentemente una nuova lingua, e senza sforzo. E di come la mente assimila naturalmente una nuova lingua.

Infine, nella Quarta Parte, ci preoccuperemo di scoprire come “produrre” una nuova lingua, nel senso di parlarla e “conversarla”. Per concludere con riflessioni più “ad ampio respiro”.

Vedrete che la parola che dominerà sarà “senza sforzo”. E tutto diverrà divertente e davvero “fluido”. E, forse, scoprirete qualcosa di voi che ignoravate del tutto.

Il viaggio inizia! Tenetevi forte e vedrete che sarà bellissimo!

Premessa: siete sicuri di quello che credete vero sulle vostre capacità?

Spesso, parlando con le persone, mi sento dire: “Sono negato per le lingue”. Oppure “non riesco a scrivere”. Oppure: “Non ho memoria”.

Indubbiamente, possono esserci predisposizioni naturali per qualcosa. E qualcuno potrebbe essere più portato di altri per alcuni esercizi fisici o mentali. Questo può essere.

Tuttavia, se andiamo ad indagare su come queste persone hanno sviluppato queste convinzioni, si scopre che la risposta è, magari, i voti ottenuti a Scuola. O altre situazioni, sempre legate all’Educazione, che hanno fatto credere loro quello che credono.

Insomma: pare che quello, vale a dire la Scuola e l’Educazione, sia il paradigma per capire la predisposizione o meno verso qualcosa.

Se siete in queste condizioni, vi do una notizia: tutto quello che credete su di voi potrebbe non essere vero. E potrebbe essere dovuto, semplicemente, al modo con cui la Scuola lavora. Che, come vedremo, è sovente antitetico a come lavora la vostra mente.

In alcuni casi, e io, in parte, ne sono direttamente interessato, le vostre credenze sono dovute solo al fatto che non utilizzate la mente come dovrebbe essere utilizzata. O, in altri casi, è proprio il metodo di approccio scolastico che vi fa credere che non siate portati per delle cose, mentre è proprio l’uso naturale della mente per quelle cose per cui credete di non essere portati che, per voi, sarebbe facilissimo, e potrebbe portarvi a grandissimi risultati.

Forse, come dirò anche alla fine, chi ha grandi predisposizioni per certi settori ha semplicemente imparato ad utilizzare la mente come deve essere utilizzata. E questo gli ha permesso di “prendere coscienza” delle sue doti. Mentre, chi crede di non avere predisposizione per quelle cose, semplicemente sta utilizzando la mente nella maniera scorretta, magari addirittura antitetica a come la mente è preposta per affrontare quelle situazioni.

Forse, quindi, le vostre credenze sono completamente errate. E derivano solo dal fatto che non state usando la mente come è programmata per essere utilizzata.

Quel potenziale, però, è ancora lì, e la possibilità di utilizzare la mente in maniera corretta è ancora qui, è ancora in voi.

Nel corso di questo lavoro cercheremo di scoprire come utilizzare naturalmente la vostra mente, per come è programmata per essere utilizzata. E, magari, molti di voi scopriranno di avere doti he non credevano di avere. O, addirittura, credevano il contrario.

Vi chiedo, quindi, di fare un “reset”, prima di cominciare questo percorso in varie “tappe”, di quello che credete di voi, e delle vostre doti mentali. Se credete, insomma, di essere “negati” per qualcosa, vi chiedo di cancellare questa idea che avete di voi stessi. È probabile che non sia vero. E, magari, è anche possibile che, in quella cosa nella quale credete di essere negati, abbiate un grandissimo talento. Magari lo scoprirete.

Cominciate, quindi, senza giudizi su voi stessi. Il viaggio cercherà di mostrare come la mente, naturalmente, funziona, e come poterla utilizzare al meglio per come è preposta a funzionare. Tutto il resto sarà una scoperta. E magari sarà piena di sorprese.

“Lasciatevi andare”, quindi, a tutto questo. E vedrete che la riscoperta di voi è appena iniziata. E il meglio, forse, anzi credo sicuramente, dovrà ancora venire.

Partiamo da una considerazione

Me lo sono sempre chiesto, sin da quando ero bambino. Perché, quando eravamo bambini, “molto” bambini, abbiamo appreso così tanto in così poco tempo?

Non solo, infatti, abbiamo appreso una lingua, ma anche ad emettere suoni, a muoverci in maniera coordinata… e così via. Insomma: quello è stato un momento davvero “magico” per il nostro apprendimento.

Poi…. da quel momento in poi pare essere intervenuto un “blocco” nella nostra mente. Qualcosa pare averci allontanato da quelle meravigliose capacità che avevamo da fanciulli. E, da quel momento in poi, siamo diventati davvero incapaci di fare qualsiasi cosa. Almeno, sembra che non siamo più capaci di fare le cose meravigliose che facevamo una volta. In qualche modo, quindi, quella “magia” appare svanita.

Nel mio libro “La Formazione Deformativa, o la distruzione dell’apprendimento”, pubblicato nel dicembre 2023, parlo proprio di questo. Analizzo molte cose, e faccio risuonare più volte questo interrogativo.

In questo lavoro, non proverò tanto a riprendere le risposte che avevo provato a dare in quel libro. Lì avevo evidenziato, con il sottotitolo, quali sono le cause principali, secondo me, del fatto che pare quasi che la nostra mente si “sopisca”, entrando in una sorte di “letargo”.

Un letargo dal quale si crede di non potere uscire.

Un letargo che, soprattutto, deriva dal fatto che crediamo di non saper fare più nulla. E che, in qualche modo, abbiamo accettato questa situazione come “ineluttabile” e “definitiva”.

Ora vedremo di ripercorrere questo percorso, cercando di capire cosa è accaduto quando, di fatto, a 3 anni ci siamo “svegliati” che sapevamo fare tantissime cose, come se quello fosse un “sogno”.

In realtà, nel periodo successivo a quel “sogno” sono accadute delle cose che, sicuramene, ci hanno cambiato. La Scuola e l’Educazione sono tra le principali responsabili. Proprio perché vanno a rompere, a bloccare, qualcosa che invece sarebbe naturale, se semplicemente si lasciasse emergere. O, meglio, gli si desse spazio. È proprio questo che è cambiato: il “dare spazio”: prima presente, poi in qualche modo “negato”.

Forse, alla fine della lettura, comincerete a rendervi conto che le cose sono molto, molto più facili di quello che possano sembrare. E la vostra vita potrebbe cambiare aspetto.

Il viaggio inizia: tenetevi forte: ne avrete bisogno! Ma sarà divertente, vedrete, perché davvero vi riscoprirete.

Iniziamo con un’idea… che potrebbe “illuminarvi”

Iniziamo con un’idea: da 0 a 3 anni abbiamo imparato tantissime cose. E, a parte coloro i quali hanno disfunzioni naturali, come ritardi dovuti a motivi organici, che però sono una grandissima minoranza, anche quelli che ora credono di essere “negati” per tutto o quasi hanno imparato. Una persona, ad esempio, crede di essere “negata per le lingue”, ma però parla italiano correntemente. Quindi, vuol dire che così negato non è! Altrimenti non lo parlerebbe correntemente!

Questa prima riflessione, basata sull’evidenza di quello che avete imparato quando, ancora, non sapevate di impararlo, vi può fare capire che quelle doti c’erano.

La buona notizia è sapere che sono ancora qui. E che possiamo recuperarle. E che il farlo, vedrete, è molto più facile di quanto crediate.

Le cose, lo scoprirete, sono spesso facili. E forse è proprio la Scuola che vi ha fatto credere che tutto è difficile. Non è così, e lo scoprirete. E magari vi stupirete proprio di quanto tutto è facile, davvero facile. Così facile che… la sua facilità potrebbe crearvi problemi. E anche questo lo scoprirete!

Tenete solo presente la considerazione fatta poco fa: “Avete imparato quando ancora non sapevate di impararlo”. Quindi, in qualche modo, l’avete imparato “lasciando che si sedimentasse da solo”. Forse è proprio qui la differenza! E, proseguendo, lo scoprirete!

Da 0 a 3 anni: tantissime cose imparate. E poi, perché le cose cambiano?

Come dicevo, da 0 a 3 anni, l’epoca cosiddetta “buia” della nostra vita, quella che, almeno di solito, non si ricorda, abbiamo appreso tantissime cose. Ma davvero tantissime, come dicevo.

Poi, questo miracolo, questa “magia”, pare svanita.

Perché, ci chiediamo? Proviamo a rispondere.

Ci dicono tutti che noi usiamo molto poco della nostra mente. Forse meno del 10%.

Qualcuno ci “colpevolizza” anche per questo. Come se ne avessimo qualche responsabilità. Sovente, chi ci colpevolizza ne è lui la causa, anche se involontaria. E non è difficile da dimostrare.

Quello che è interessante notare, è che, forse, nella nostra vita, c’è stato un momento in cui abbiamo usato buona parte del potenziale della nostra mente. Questo è proprio il periodo “buio” prima menzionato. Lì, abbiamo imparato tantissimo. Poi qualcosa è accaduto.

Quello che è accaduto non è così difficile da capire. Sae ci chiediamo cosa abbiamo fatto da 0 a 3 anni, perché abbiamo imparato così tanto, la risposta è… proprio niente, ed è questa la grandezza.

Poco fa, dicevo che “abbiamo imparato senza renderci conto di farlo”.

Qualcuno penserà, a questo punto, che io sia impazzito. Invece, sto benissimo. E ve lo vado a dimostrare. Da 0 a 3 anni “non abbiamo fatto nulla”. Poi, abbiamo cominciato “a fare qualcosa”. E, forse, è proprio questo “qualcosa” che abbiamo fatto che ci ha bloccato, impedendoci di continuare ad apprendere tutto quello che abbiamo appreso in quegli anni.

Quando dico “non abbiamo fatto nulla” non voglio dire che “non abbiamo fatto “davvero” nulla”. Di cose ne abbiamo fatte tantissime, e ognuno di noi può testimoniarlo con facilità.

Tuttavia, non abbiamo fatto nulla per “farlo fare”. Nel senso che, tutto quello che abbiamo fatto, è “lasciare che la mente lo facesse”. Insomma, invece che “fare” qualcosa, abbiamo “lasciato che la mente facesse qualcosa”. La differenza sta proprio qui, tra il “controllare” un processo e “fidarsi del fatto che la mente lo faccia spontaneamente”.

Poi, invece, abbiamo cominciato a “fare” qualcosa, cercando in tutti i modi di “controllare” il processo. E abbiamo cominciato a fare meno: molto meno. La chiave è proprio questa.

Ebbene sì: molti pensano, e l’educazione in primis, che la mente, spontaneamente, non sappia fare nulla. Infatti, la Scuola ci insegna, come prima cosa, ad apprendere.

Questo vuol dire che la Scuola pensa che noi non sappiamo apprendere. E che debba insegnarci come fare, perché non lo sappiamo fare.

Eppure, quello che fa è smentito dall’evidenza che noi, da 0 a 3 anni, abbiamo imparato tantissime cose, senza che nessuno ci dicesse come fare. L’abbiamo fatto e basta.

E questo ci dice solo una cosa: che la mente è programmata per farlo. Nel senso che è programmata per apprendere e assimilare in maniera naturale. È programmata per collegare, analizzare, combinare elementi, magari in maniera imprevedibile.

Poi, arriva la Scuola, arriva l’educazione, che pare ignorare questo. E, quindi, ci insegna molte cose. E, soprattutto, è convinta di insegnarci ad apprendere.

Purtroppo i metodi che, spesso, ci insegna, sono l’opposto di quello che la nostra mente, naturalmente, farebbe. Ci insegna, insomma, delle vere e proprie “sovrastrutture” che bloccano il modo con cui la mente funziona naturalmente.

E, così, ci sembra di non riuscire più ad apprendere. E dimentichiamo, forse perché anche la Scuola e l’Educazione ci hanno insegnato a rimuovere tutto questo, che noi, da 0 a 3 anni, abbiamo imparato tantissime cose. E questo ci dice che la mente “sa” cosa fare, sa come apprendere, sa come collegare. Tuttavia, lo fa “a modo suo”, in modo molto diverso da come la Scuola prenderebbe di insegnarci.

Insomma: parrebbe proprio che, da 0 a 3 anni, abbiamo imparato così tante cose, perché abbiamo semplicemente “lasciato che la mente facesse”. La mente è programmata per fare, e noi l’abbiamo lasciata fare. Senza imporle blocchi o sovrastrutture.

Poi, la Scuola e l’Educazione sono intervenute, pretendendo di insegnarci ad apprendere. Tuttavia, questi metodi che la Scuola ci ha insegnato non sono stati, semplicemente, dei modi per “rallentare”, o “ostacolare” solo un po’ il funzionamento naturale della mente: sono stati metodi in tortale “antitesi” con il suo funzionamento naturale. Insomma: La Scuola e l’Educazione sono intervenute con metodi che non sono quelli naturali, quelli, in sostanza, con cui la mente funziona, ma spesso ne sono addirittura l’opposto.

Insomma: la mente è programmata per funzionare benissimo con le sue modalità, e la Scuola le ha imposto modalità opposte rispetto a quelle per cui è programmata.

Proprio per questo, la “magia” dei primi anni di vita è svanita. E noi ci siamo ritrovati a fare fatica ad apprendere cose che, in quegli anni, abbiamo imparato davvero “in un soffio di vento”.

Tuttavia, la buona notizia è che nulla è perduto. Quel pontenziale è in buona parte ancora lì, proprio per essere utilizzato.

Per farlo occorre solo capire come la nostra mente funziona naturalmente. Una volta capito, occorre semplicemente applicare la nostra comprensione. Magari, per stupirsi di quello che potremo fare.

Proviamo quindi a cercare di capire come la nostra mente naturalmente funziona. Una volta che questo sarà chiaro, non sarà così difficile provare ad applicare tutto questo alla nostra conoscenza, al nostro apprendimento. E vedrete che sarà divertente. Soprattutto perché avverrà in maniera naturale.

E partiremo proprio da questa “naturalezza”, da questa “comprensione” che, spesso, lo sforzo è inutile. Anzi: è addirittura controproducente.

Partiamo, dunque!

Tutto è frutto di sforzo? Ma chi l’ha detto?

Una delle cose che la Scuola ci insegna è che, per fare le cose, occorre sforzo. Mio padre, quando studiavo, mi diceva: “Devi studiare con tensione!”.

Quindi, noi crediamo che tutto l’apprendimento e il sapere debba avvenire con sforzo, con fatica. Sarà l’idea che tutto deve passare da un sacrificio, radicata in diverse persone. Argomento che non tocco, perché il farlo richiederebbe davvero più articoli. Ne avevo scritto uno, proprio per questo giornale, datato 9 giugno 2023, dal titolo: “Dolore e sofferenza: sono casuali o hanno uno scopo?”. Lo potete trovare a questo indirizzo

Tornando al discorso dello sforzo,  vi do subito una buonissima notizia: la mente apprende in maniera naturale senza sforzo. Anzi: come poi vedremo, lo sforzo è addirittura nemico dell’apprendimento naturale. Quello che danneggia l’apprendimento naturale, quindi, è proprio lo sforzo.

Quando dico ”lasciamo che la mente faccia” dico proprio che occorre “lasciarla lavorare senza interferenze”. E, dire “senza interferenze” vuol dire anche “senza sforzo”.

Ciò che avviene in maniera naturale, spesso, è proprio ciò che avviene “senza sforzo”. Anzi: quando “cade” lo sforzo, forse è proprio quello il momento in cui il sapere, nelle sue forme più belle, si manifesta. In fondo, quando i mistici dicono che occorre “fare tacere la mente”, forse intendono proprio “fare tacere lo sforzo mentale”. Lasciamo, quindi, che la mente faccia.

E la mente fa al meglio quando elimina lo sforzo.

È proprio lo sforzo, infatti, che fa sì che la mente non riesca ad esprimersi al meglio, per quello che potrebbe fare.

Questo già ribalta completamente il paradigma della Scuola e della cosiddetta “Educazione Tradizionale”: la mente lavora al meglio quando non pone lo sforzo tra i suoi paradigmi. E, spesso, e lo vedremo anche più avanti, è proprio lo sforzo che impedisce alla mente di funzionare al meglio. E, soprattutto, di funzionare per come è progettata. Come accennavo prima, la mente funziona naturalmente, ed è programmata per un processo di apprendimento. Lo sforzo va ad “interrompere il processo”, impedendo alla mente di comprendere come potrebbe, e bloccandola.

Quindi, eliminiamo lo sforzo, come prima cosa. Qualche professore, a questo punto, potrebbe storcere il naso. Lo faccia pure: in fondo, è proprio grazie al suo insegnamento che noi non usiamo la mente per quello che potremmo utilizzarla. Cosa che qui ci proponiamo, almeno in buona parte, di tornare a fare.

Quindi, se qualche professore arriccia il naso… lo faccia pure, come dicevo. La realtà è che la mente apprende in maniera naturale senza sforzo. E quello che diremo lo andrà a dimostrare.

Quindi, il primo “paradigma” che abbiamo smontato è che il sapere sia necessariamente frutto di sforzo e fatica. Spesso è proprio il contrario: quello sforzo e quella fatica lo ostacolano. E le Neuroscienze, sempre di più, l’hanno dimostrato e lo stanno via via sempre più confermando.

Ricordo, tempo fa, di avere letto una filastrocca, in una Scuola. Questa recitava:

Lo studio è fatica

la fatica fa male

il male fa morire

e io voglio campare”.

Una filastrocca divertente, ma esplicativa. Che porta l’idea che lo studio sia fatica. Questo è un grandissimo condizionamento, come visto: lo studio può non  essere fatica: anzi, proprio quando la fatica diminuisce, o, meglio, si annulla del tutto, si impara forse di più.

Occorre capire questo, forse per capire che la mente davvero “muore”, almeno metaforicamente, se si pensa che l’apprendimento debba essere necessariamente sforzo. Può invece essere divertente, ed avvenire in maniera naturale. E credo che sia questo che va capito.

Questa “premessa dell’evitare lo sforzo” serviva proprio per introdurci in come funziona la mente. E vedrete che funziona esattamente all’opposto di come ci hanno fatto credere. Sarà, per voi, bello scoprirlo. E questa scoperta vi permetterà tantissime cose, che non credevate possibili.

Partiamo da come la mente “memorizza”: non lo fa come vi aspettate che lo faccia. Vediamolo subito.

La mente memorizza in maniera naturale: tuttavia, non  lo fa in maniera “esplicita”

Questo è un altro degli elementi che potrebbe ribaltare le vostre idee sulla conoscenza. Vale a dire, Il fatto che la mente usa moltissimo la memoria implicita. Qualcuno si chiederà cos’è questa “Memoria Implicita”. Bene, andiamo a definire di cosa si tratta.

Questa viene definita come quella memoria che avviene in maniera naturale, come può essere il camminare. Se camminiamo, infatti, non pensiamo a quello che facciamo: il corpo esegue il tutto in maniera fluida. Lo stesso quando guidiamo e quando facciamo moltissime altre cose.

Noi pensiamo che la memorizzazione implicita debba necessariamente passare da quella esplicita. Nel senso che impariamo a camminare perché, per diverse volte, abbiamo fatto ”mente locale” sui gesti da compiere, ed ora li si sa eseguire in maniera fluida. Lo stesso anche quando si scia, ad esempio, quando si gioca a tennis, e così via.

Non è detto che debba essere sempre così. Nel senso che non è detto che la memorizzazione implicita debba passare necessariamente da quella esplicita. O, meglio, non è necessario che ci ricordiamo meccanicamente una sequenza per eseguirla. Quando si cammina, ad esempio, magari non sapremmo descrivere la sequenza dei movimenti, e cosa interviene in questi. Tuttavia, camminiamo.

Quindi, non è detto che l’esecuzione implicita di qualcosa passi necessariamente da una fase di memorizzazione meccanica.

Proviamo ad estendere la definizione di memorizzazione implicita. Potremmo dire che noi “memorizziamo implicitamente “qualcosa quando la nostra intenzionalità non è la memorizzazione meccanica, ma l’esecuzione di qualche sequenza fluida. L’esecuzione può essere fisica o mentale: avviene, però, senza bisogno che, meccanicamente, una persona sappia ripetere la sequenza: questa giunge fluidamente.

Faccio un esempio legato ala Musica: consideriamo un pianista che suona a memoria. Se gli chiediamo di elencarci le note che sta suonando, non lo saprà fare. Tuttavia, si mette alla tastiera e suona. Questo è un esempio  di memorizzazione implicita: sapere eseguire in maniera fluida delle cose che, però, non si saprebbero ripetere meccanicamente.

Le memorizzazione implicita è un qualcosa di ben più potente di quella esplicita. E, nella maggior parte dei casi, avviene senza sforzo. E, soprattutto, senza necessità di dover richiamare la memorizzazione esplicita per poterla fare funzionare. Questa, infatti, funziona spontaneamente.

Faccio un altro esempio legato all’informatica. Io non saprei, in molti casi, ripetere a parole la sequenza di comandi per fare qualche operazione. Eppure, se mi metto a farla, la eseguo in maniera fluida.

Questo, credo, chiarisce molto bene così la memorizzazione implicita: l’esecuzione, fisica o mentale, di qualcosa che viene richiamata senza che la si ripeta meccanicamente.

Potremmo definire la memorizzazione implicita un tesoro che abbiamo a disposizione. E che ci permette di ricordare tantissime cose: molte, molte di più di quanto la memorizzazione esplicita possa permettere.

Talvolta ci chiediamo, quando vediamo qualcuno che ricorda tantissime cose, come faccia a ricordarle. Ebbene: usa la memorizzazione implicita. Anche un attore che impara interi copioni non si mette di certo a memorizzare meccanicamente tutte le battute: usa la memorizzazione implicita. Lasciando che il testo fluisca spontaneamente.

Un esempio ancora più evidente di memorizzazione implicita è quello di un Pianista che suona a un Concerto. Questo suona quasi sempre senza spartito. Qualcuno si chiede come faccia a ricordare tutto: semplice: usa la memorizzazione implicita. Infatti, se chiediamo a questo Pianista di elencare le note che suonerà, questo non lo saprebbe fare. Tuttavia, quando si mette alla tastiera, le note fluiscono in modo naturale. Credo che questo esempio chiarisca molto bene cos’è la memoria implicita.

Probabilmente, chi è noto per avere “buona memoria”, usa la memorizzazione implicita: così ricorda tantissime cose, sovente senza sforzo.

Questo “tesoro nascosto” è da molti, da troppi ignorato.

Quante volte, ad esempio, vedo, in campo informatico, le persone che cercano di memorizzare esplicitamente sequenze di comandi. O, addirittura, se li scrivono, scrivendo proprio tutto: magari addirittura che devono cliccare su “apri”.

In quel momento, non stanno usando la memorizzazione implicita, ma vorrebbero ricordare meccanicamente la sequenza di comandi, invece che riprodurla fluidamente senza sforzo.

Io faccio parte di una Compagnia teatrale. E, spesso sorrido quando vedo le persone che si ripetono meccanicamente le parti, che si bloccano alla ricerca delle parole. Usano la memorizzazione esplicita, quella più lenta e macchinosa. Mentre si potrebbe utilizzare quella implicita, semplicemente lasciando che il testo fluisca in maniera naturale.

Se si lavora in questo modo, il rischio di “vuoti” non ci sarà: infatti, la mentre, in un modo o nell’altro, ricostruisce il significato con parole. Insomma: le parole seguono di sicuro. Mentre, se una persona usa la memorizzazione esplicita e meccanica, oltre a rendere tutto più difficile, aumenterà tantissimo il rischio che si blocchi. 

Una delle maggiori responsabilità di tutto questo è proprio della Scuola. Infatti, sin dai primi anni, la Scuola lavora sulla memorizzazione meccanica e forzata, invee che su quella naturale. Quante volte, ad esempio, il bambino va dalla madre e dice: ”Mi provi la lezione?”.

Ancora una volta la Scuola, quindi, allontana la persona da quelli che sono i suoi parametri naturali di apprendimento. Aviolanciandola a modalità che non sono naturali. Ma che sono del tutto “bloccanti”, perché non rispettano il modo con cui la mente lavora. E che è, lo ripeto, il modo che ci ha permesso di apprendere così tanto.

Qui, però, appare un altro discorso: la memorizzazione implicita si attiva con due meccanismi: la comprensione e la fiducia nella mente.

Come dicevo poco fa, occorre “lasciare che la mente faccia”. Questo vuol dire fidarsi di come lavora.

Utilizzare la memorizzazione implicita, quindi, vuol dire comprendere, e fidarsi nella capacità della mente di rieseguire fluidamente qualcosa. Insomma: occorre “fidarsi” che la mente, quel processo, l’ha attuato, e non ha senso che proviamo a “controllarlo” esplicitamente: la mente ci ha già pensato lei.

Promuovere la “fiducia nella mente” è il contrario di quello che fa la Scuola: che, come ho detto prima, cerca di “imprimere” modalità completamente errate e bloccanti. Perché pretende di insegnare ad apprendere: come se la mente non lo sapesse fare. Visto quello che, naturalmente, ci ha permesso di fare nei primi anni di vita. La Scuola, comunque, pare ignorarlo. Perché? Lascio aperto l’interrogativo.

Faccio solo notare che.,.. almeno cercasse di insegnarci ad apprendere rispettando l’apprendimento naturale! Lavora esattamente “in opposizione” a questo. Le conseguenze: che da un certo punto in popi smettiamo di imparare, e ogni apprendimento ci costa moltissima fatica. Quando tutto potrebbe avvenire naturalmente e senza sforzo.

Proseguiamo la nostra panoramica sul funzionamento naturale della mente: vi stupirà scoprire che la mente, naturalmente, parte dal tutto, e solo dopo considera le singole parti. Vediamo in che senso avviene questo.

Il tutto prima delle parti

Quella che vi annuncio ora è qualcosa che potrebbe davvero stupirvi. Infatti, noi pensiamo che la mente afferri prima le parti di qualcosa, e il tutto derivi dalla “somma” di queste parti.

Se pensavate così…vi deludo subito. La mente fa esattamente il contrario, in maniera naturale: afferra prima il tutto, e poi, solo dopo, analizza le singole parti. Parte quindi, naturalmente, da una visione d’insieme, da una “panoramica” su tutto.

Per dare un’idea, la mente è un po’ come un pilota che sta abbassandosi di quota con il suo aereo: prima vede tutto dall’alto, in maniera indefinita. Poi vede sempre più in dettaglio, finché il dettaglio viene svelato nella sua totalità.

Ecco la mente funziona naturalmente così: prima afferra il tutto, la totalità, l’idea generale. Solo dopo va nel dettaglio, e afferra le singole parti, in maniera sempre più definita.

Insomma: non lavora “a blocchi”, ma “a cerchi concentrici”. Vale a dire, afferra prima il tutto e, solo dopo, afferra man mano le parti, vale a dire il dettaglio. La scuola lavora esattamente al contrario: procede “a blocchi”, senza  definire prima la totalità,ma cercando di farla derivare dalla somma delle parti.

Questo è innaturale: come visto, la nostra mente non lavora e ragiona in questo modo. La mente, naturalmente, parte dalla totalità, come l’aereo che si abbassa man mano di quota. Per la mentem il tutto non è la somma delle parti, ma le parti derivano dal tutto.

La mente non lavora, insomma, come una persona che, passeggiando, visita un luogo, poi  un  altro, poi un altro…. la mente lavora come un aereo che si abbassa di quota: prima vede, percepisce il tutto, poi man mano dettaglia.

Anche in questo caso, quindi, la Scuola fa lavorare la mente per come non è programmata a lavorare. Di conseguenza rallentandola, e impedendole di sviluppare il suo potenziale.

Ma… come associa la Mente? Proviamo a rispondere! Anche qui la cosa vi stupirà?

La mente  lavora per associazioni spesso imprevedibili

Questa è un’altra delle cose che potrebbe meravigliare: vale a dire, il modo della mente di lavorare in  maniera naturale, collegando in maniera spesso lontana e imprevedibile.

Questo vuol dire che la mente collega elementi anche tra di loro lontani, che non sono necessariamente sequenziali. Ad esempio, se abbiamo una sequenza A, B, C, D… Z, la mente, magari, collega spontaneamente A con G, B con E, C con V e così via.

Quello che è importante notare è che la mente “sa” cosa collegare. Senza che dobbiamo dirglielo. Per questo la mente naturalmente “salta” da un elemento all’altro, anche se questo sono lontani. Per la mente, questo ha perfettamente senso: ed è per questo che, come vedremo poi, riesce a costruire facilmente significati anche da pochi elementi.

La Scuola, anche qui, fa il contrario. Infatti, obbliga la mente in “curricula” rigidi e strutturatati. Impedendogli di fare quei “salti” di cui ha bisogno. Anzi: spesso il “saltare i passaggi” è visto male dalla Scuola. Mentre la mente, per come è fatta, “salta i passaggi”. È programmata per farlo.

La Scuola, quindi, prende come un difetto quello che per la mente è un grandissimo pregio: fare “salti”, collegando in maniera apparentemente arbitraria. Seguire un rigido curriculum di studi, quindi, impedisce alla mente di esprimersi per quello che è programmata per fare.

La mente, naturalmente, fa quindi collegamenti, che possono apparirci “improbabili”,. E che, tuttavia, non lo sono. Questo ci dirà anche una cosa: che la mente è in grado di collegare, di “riempire vuoti”, di ricostruire significati partendo da un numero minimo di elementi, come dicevo prima. E questo, in buona parte, è una conseguenza del fatto che è in grado di fare collegamento anche “lontani” e “imprevedibili”.

Questo fatto ci spiega, forse, perché la mente ha una proprietà che, sotto molti aspetti, appare simile al fatto di afferrare, come si diceva in precedenza, il tutto prima delle parti: vale a dire, la capacità della mente di ricostruire significati partendo da pochissimi elementi. Probabilmente, questo accade perché non c’è, come facevo notare, un tutto composto da parti, ma ogni singola parte “punta” al tutto, e, forse, lo contiene.

Questo vale anche per il linguaggio.

Lo vedremo più in dettaglio nella Terza Parte, quando parleremo esplicitazione del linguaggio e di come la mente apprende varie lingue.

Quello che andremo ora a definire potrebbe stupirvi. Tuttavia, è così. E questo “ribalta” davvero molte idee che abbiamo sulla comprensione.

La mente afferra il significato prima delle parole

Questa affermazione può davvero stupirvi. Infatti, probabilmente, pensate che il significato derivi dalle singole parole.

Ebbene: non è così. La mente afferra il significato prima delle singole parole. Come se le parole e il significato fossero due cose diverse.

In effetti, per la mente è proprio così: non è il significato che deriva dalle parole, ma è viceversa.

Vedrete che questo elemento del funzionamento della mente sarà fondamentale nella Terza Parte di questo lavoro: ed è lì che lo riprenderemo. Questo sarà ciò che permetterà alla mente di “immergersi” in lingue sconosciute e, dopo un po’, di riuscire a desumere il significato, anchese, di fatto, le singole parole rimangono “sullo sfondo”.

Ora cerchiamo di capire come la mete funziona al meglio quando “ci si lascia andare”.

La mente è fatta…. per lasciarsi andare! Per “lasciarsi pensare”!

Credo che questo possa apparire evidente, dopo quello che abbiamo detto: la mente è fatta per essere libera, e non vincolata a schemi rigidi.

Chi ha, ad esempio. Il “dono della scrittura”, spesso lo ha perché non pensa più di tanto prima di descrivere. Ma, piuttosto, lascia fluire liberamente.

C’era, a Magenta, paese dove ora vivo ormai da oltre 5 anni, uno scrittore, che presentava un suo libro. Questo scrittore affermava che, spesso, quando scrive, si lascia andare, senza pensare a quello che sta scrivendo. Poi rilegge e si dice: “Ma ho scritto io queste cose?” . Ecco: questo vuol dire lasciare andare la mente.

La Scuola, al contrario, spesso vincola il tutto in schemi rigidi, obbliga a lavorare secondo schemi imposti, a “curare” il linguaggio in un determinato modo, e così via. Quindi, la persona crede di non avere il dono della scrittura. Mentre magari l’ha: solo, “non si lascia fluire”, perché la Scuola glielo sta impedendo.

Vedremo, nella prossima parte, come questo concetto di “lasciare fluire” sia fondamentale nel funzionamento della mente. È proprio, infatti, dal lasciare fluire che deriveranno le cose migliori, quelle che sapranno ambiare le nostre prospettive.

Ora cerchiamo di capire come, alla base del funzionamento naturale della mente, di cui ho parlato sinora, ci siano dei principi legati alla Fisica Quantistica. Per queswto possiamo dire che abbiamo “una mente quantistica”. Vediamo di cosa si tratta.

Principi quantistici del funzionamento della mente

Prima di proseguire il nostro discorso, vediamo come quanto detto ora si accordi molto bene con un’idea di “Mente Quantistica”. Lo scopo di questo lavoro non è di certo quello di parlare di Meccanica Quantistica: ne parlano già in tanti, e io stesso ne ho più volte parlato.

Tuttavia, mettere in evidenza alcuni principi della Meccanica Quantistica che, in qualche modo, fanno parte dell’elaborazione del linguaggio, e del modo con cui la mente apprende, potrebbe essere interessante.

La prima cosa che si nota è quella che faceva notare anche il Fisico Vittorio Marchi. Il Fisico faceva notare che, nella Fisica Classica, il tutto è composto da parti, mentre nella visione Quantistica, le parti, in qualche modo, “puntano” a un tutto. Quindi, abbiamo qualcosa che non va dalle parti al tutto, ma dal tutto alle parti.

Questo, a livello di linguaggio, vuol dire che ogni singolo elemento linguistico “punta” al tutto.

E ci dice anche un’altra cosa: che il tutto esiste anche indipendentemente dalle parti, e a prescindere da queste. A livello linguistico questo ci dice che, in qualche modo, il significato precede le parole, ed esiste anche indipendentemente dalle parole. Questo lo vedremo molto bene nella Terza Parte di questo lavoro.

Poi, possiamo anche vedere come, nella Meccanica Quantistica, esista un fenomeno detto “Entanglement”. Questo fenomeno, teorizzato da Albert Einstein, Nathan Rosen e Boris Podolsky con un articolo apparso sul Bollettino Scientifico dell’Università di Berkley, in California, nel marzo 1935,  andava ad affermare che due particelle, che sono venute a contatto, possono scambiarsi informazioni in tempo reale, a qualsiasi distanza si trovino. In termini “tecnici”, questo vuol dire che le due “funzioni d’onda” (le equazioni che esprimono lo stato delle due particelle) sono dipendenti una dall’altra, che sono in relazione. Questo lo avevamo già detto in precedenza, ma credo possa essere interessante ripeterlo in questo contesto.

Nel linguaggio, questo si può esprimere come abbiamo visto poco fa: attraverso relazioni imprevedibili, attraverso connessioni tra elementi anche distanti, che sfuggono al nostro controllo.

Vedremo che questo ci permetterà, quando parleremo di Apprendimento Linguistico, come già detto (anche qui la ripetizione in questo contesto è voluta), di “riempire i vuoti”.

Per il momento, non vado oltre su questo argomento: quello che ancora ci servirà legato alla Meccanica Quantistica lo riprenderemo più avanti, quando servirà farlo.

Ora è giunto il momento di “sperimentare” tutto questo. Vi propongo, quindi, degli esercizi con i quali scoprirete che, tutto quanto vi ho raccontato finora, non sono solo una serie di enunciati teorici, ma che il tutto può essere “toccato” con mano, anche in maniera piuttosto semplice e “immediata”. Prepariamoci a farlo.

Sperimentiamo!

Ora, direte forse “finalmente”, ci apprestiamo a “mettere in pratica” tutto quanto visto sinora. È, infatti, giunto il momento di sperimentare dal vivo quello che avete qui visto.

Questo vi servirà per capire che quelli che ho indicato non sono, come dicevo, concetti astratti, ma possono essere usati nella vostra quotidianità. Vi chiedo, e questo è fondamentale, di evitare lo sforzo. Tutto deve avvenire in maniera naturale.

Come vi ho detto, dovete completamente “fidarvi della mente”. Nella terza Parte, dove parleremo di apprendimento linguistico, tutto ciò sarà ancora più evidente.

Comunque, anche in quello che qui vi propongo, sarà fondamentale farlo.

Esercizi – Parte 1: Memorizzazione implicita

Gli esercizi che ora vi propongo riguardano la Memorizzazione Implicita. Questo significa che dovrete memorizzare delle cose “senza farlo esplicitamente”, vale a dire senza che necessariamente dobbiate ricordare la sequenza, ma eseguendola, quando richiesto, in modo fluido.

Non fate alcuno sforzo: tutto dovrà venire assolutamente naturale. Qui vi chiedo piena “fiducia nella mente”: la mente sa quello che fa e crea le giuste connessioni. Non cercate in alcun modo di “controllare il processo”: la mente sa già cosa fare per svolgerlo nel migliore dei modi.

Memorizzazione di sequenze informatiche

Questo è un buon esercizio,soprattutto per coloro i quali si “annotano” tutti i passaggi per fare delle cose informatiche. O cercano di ricordare la sequenza di passaggi.
Evitare di farlo: e utilizzate la memoria implicita. E vedrete che, da questo momento, il vostro approccio cambierà.

Anche per lunghe sequenze di comandi, concentratevi solo sul capire quello che state facendo.

Solo su quello. Assolutamente non cercate di memorizzare la sequenza di comandi: è un modo per “controllare il processo”, mentre dovrete farlo emergere in maniera naturale. Qualsiasi sforzo di controllare il processo, memorizzando la sequenza di comandi, interromperà il lavoro naturale della mente. Abbiate fiducia che tutto funzionerà: solo quello.

Quando avrete “capito” i comandi che state utilizzando, la mente avrà già “tracciato le connessioni” per permettervi di recuperare le informazioni al momento giusto.
Concentratevi, lo ripeto, solo sul capire e non sulla memorizzazione della sequenza di comandi: ci penserà la mente a creare le giuste connessioni.

Provate ora a ripetere “operativamente” (vale a dire eseguendole materialmente) quelle operazioni. Lasciate fluire, senza sforzo per ricordare. Concentrandovi solo sul capire, e lanciando che la mente faccia il resto. Se vi siete fidati della mente,e della memorizzazione implicita, vedrete che riuscirete ad eseguire le operazioni, anche se sono parecchie, senza sforzo.
Avrete sperimentato la potenza della memorizzazione implicita.

Esercitatevi, e abbandonerete per sempre lo scrivervi le sequenze di comandi da utilizzare: dopo che avrete compreso, la mente ci penserà lei.

Memorizzazione di un testo teatrale (o qualcosa di simile)

Questo è un esercizio di memorizzazione implicita che potrebbe ricordare quello degli attori.

Ci proponiamo, con questo esercizio, di memorizzare qualcosa anche di abbastanza lungo (all’inizio non troppo, almeno questo è il mio consiglio), e  di farlo in modo naturale e senza sforzo.

Come abbiamo visto, una volta che una cosa è stata capita la mente crea le connessioni che servono, e al momento in cui serve le esegue in maniera fluida.

Anche qui, quindi, evitate lo sforzo e non cercate in alcun modo di controllare il processo.
Prendete un monologo teatrale. Magari parte di una Commedia. E magari, per iniziare, non molto lungo. Può andare bene anche una parte di un monologo.
Non pensate alla memorizzazione delle parole. Leggetelo, invece, concentrandovi sul significato.
Cercate di “fare vostro” il significato.

Consideratelo come se fosse “un tutt’uno”, non un insieme di parole. Pensate quel monologo come se non fosse un insieme di parole, ma come se fosse una cosa sola, da cui, appunto “scaturiscono” parole. Ora provate, magari, a cercare di “scomporlo mentalmente” in parti, per capirlo meglio. Se la cosa vi può aiutare. Non pensate, però, a memorizzarlo: avverrà da solo.

Dovete percepire il significato come “una cosa sola”, come dicevo, e quel testo come una cosa unitaria, non come un insieme di parole. Come se fosse un tutto, che poi si può scomporre in parti, secondo la visione quantistica di cui abbiamo parlato poco fa.
Magari rileggetelo un paio di volte, facendovi “pervadere” dalla situazione, cercando di “entrarci”, percependola. Sempre concentrandovi sul significato.

Poi, provate a recitarlo. Fatelo senza sforzo, con naturalezza. Lasciate che le connessioni, che avrete creato prima, fluiscano in modo naturale, senza sforzarvi. Lasciate che le parole “seguano” il significato, come se fossero “vestiti” di qualcosa che è già lì, e di cui le parole sono solo delle espressioni.

Vi sorprenderà, se vi eserciterete, come quello che credevate impossibile diverrà possibile con naturalezza. Vi raccomando di non sforzare: lasciate che tutto giunga spontaneamente.

Questo modo di procedere, ne sono sicuro, cambierà le vostre percezioni sulla memorizzazione, rendendola semplice e naturale.

Quando vi sentirete pronti, potrete anche scegliere testi più lunghi. Magari per scoprire che li memorizzerete davvero “in un soffio”, e con bellezza e leggerezza, invece che con peso.

Esercizi – Parte 2: liberare la creatività

Gli esercizi che ora vi propongo vi aiuteranno a “liberare la creatività”.

Quindi, ci proporremo di “creare” in  maniera naturale, di scrivere con naturalezza, di liberare le risorse creative dentro di noi. Risorse che sono in noi da sempre, e che sono state “seppellite” dietro schemi rigidi.

Quello che segue funzionerà molto bene se abbandonerete tutte le idee che avete sulla scrittura che vi derivano dall’educazione dalla Scuola. La Scrittura non è lavorare secondo schemi rigidi, ma fluidità. E lo sperimenterete.
Ricordate una cosa fondamentale:, il “dono della scrittura” è, verosimilmente, la capacità di lasciare fluire la mente. Magari voi credete di non avere alcun dono per la scrittura. Forse, questa vostra idea deriva solo dal fatto che non siete abituati a lasciare libera la mente, a “darle spazio”.
Qui vi propongo di provarci. Vi propongo di lasciarla completamente libera, senza fermarla né giudicarla. Lasciatela libera di viaggiare e di trovare i suoi percorsi. E, forse, scoprirete che quel “dono” che non credevate di avere è lì, è vostro da sempre, e richiedeva solo di essere rivelato a voi.
Nel secondo esercizio vi propongo di fare altrettanto in un monologo, una sorta di discorso, magari davanti ai un Pubblico, o in un dialogo.
Anche qui, scoprirete magari di essere ottimi oratori, e non lo sapevate. O credevate addirittura il contrario. Questo perché bloccavate la mente, invece che lasciarla libera di fluire, dandole spazio.
Vedrete che quello che accadrà se farete, anche più volte, questi esercizi, vi stupirà davvero!

“Lasciatevi andare” alla scrittura

Nella scrittura, questo è molto importante, occorre “lasciarsi pensare”, più che “pensare”. Occorre “lasciare fluire i pensieri”.

Sedetevi davanti al computer, o procedete con qualsiasi altro mezzo scriviate: anche carta e penna, se vi piace di più. Io, personalmente, utilizzo il computer o lo smartphone, perché ormai mi sono abituato a digitale velocemente anche con la sua tastiera. Comunque, la scelta del mezzo per scrivere è totalmente nelle vostre mani.
Pensate a un argomento su cui scrivere. O addirittura a nessuno, se proprio volete essere “del tutto liberi”.

O, altrimenti, scegliete un argomento qualsiasi: quello che più vi stimola in quel momento. Lasciatevi andare al flusso delle idee. Scrivere tutto quello che vi viene in mente, senza porre blocchi, lasciando letteralmente fluire.
Evitare qualsiasi giudizio: la mente giudicante blocca i processi naturali. Quindi lasciate da parte qualsiasi meccanismo di giudizio. Anche se quello che sta emergendo vi pare assurdo: verosimilmente non lo è: è soltanto una vostra percezione.
Potete scegliere di darvi un tempo o di scrivere finché avrete da scrivere. Se sceglierete la prima opzione, forse vi stupirete di come dovrete “lottare con voi stessi” per fermarvi.

Quando la mente viene lasciata libera di fluire, senza interferenze o restrizioni, è come un “fiume in piena”: le idee vengono letteralmente ” a fiumi”. E lo sperimenterete.
Non “cercate” l’ispirazione: se la mente è lasciata libera, se le si dà spazio, l’ispirazione c’è sempre: la mente non attende che quel momento per poter fluire. Lasciate quindi libera: vi stupirà.

Se volete, poi, rileggete quello che avete scritto. Forse vi chiederete: ” Ma l’ho scritto proprio io?”, come si chiedeva lo scrittore che citavo in precedenza. Ebbene sì: l’avete scritto voi, liberando il potenziale della mente. Che lavorerà così libera da vincoli e blocchi.

Provate, anche più volte: rimarrete stupiti di voi stessi! E, soprattutto, scoprirete che scrivere è molto, molto, divertente! Altro che i temi che venivano dati a Scuola, che si volevano evitare a tutti i costi, visto che erano un vero e proprio “Peso”! Qui tutto sarà divertente, vedrete! Riscoprirete, in questo modo, la bellezza della scrittura… e magari scoprirete che il “dono della scrittura”, che credevate di non avere, era lì da sempre: aspettava solo di essere scoperto.

Monologo o dialogo creativo

Questo è un altro esercizio per lasciare andare la mente. E, nello stesso tempo, vi aiuterà a parlare in pubblico. Anche qui “lasciatevi andare”, senza pensare, ma lasciate fluire i pensieri
Scegliete l’argomento di un discorso. Qualsiasi. Quello che vi piace. Oppure… lasciatevi andare addirittura a caso: perché no?

Potete anche immaginare un pubblico davanti a voi. Oppure no. Anche qui vedete voi.
Lasciatevi ora andare al flusso delle parole, non ponete ostacoli. E non pensate più di tanto a quello che dovete dire. Se potete non pensateci proprio per nulla. Tutto quello che vi viene in mente, inclusi collegamenti che vi possono sembrare assurdi, tiratelo fuori, senza filtri e senza giudicare se sia opportuno o no.

Andate avanti finché volete, o ponetevi un tempo. Come nell’esercizio precedente, se vi porrete un tempo potreste scoprire che andreste avanti all’infinito.

Se volete, registratevi mentre parlate. Poi riascoltatevi. Forse vi stupirete di quello di cui la mente è capace, se è lasciata libera di lavorare in autonomia, senza blocchi e interferenze, dandole spazio.

Una possibile variante è fare tutto questo in due, con un amico o un’amica. Scegliete un argomento e discutetene. Lasciatevi andare completamente, senza pensare troppo a quello che volete dire. O, se riuscite, come nel caso precedente, non pensateci per nulla.
Lasciatevi andare anche ad associazioni che potrebbero sembrarvi assurde.

Anche qui, se volete, registratevi. Poi, insieme all’amico o all’amica, riascoltatevi: vi stupirete di voi stessi! Eppure… siete proprio voi! Solo, finalmente, siete liberi!

Ma come mi ponevo io quando ero fanciullo “davanti” alla Scola? Preparatevi a sorridere!

La Scuola… e me da fanciullo

Una cosa divertente è come, nei primi anni di vita, mi ponevo di fronte alla Scuola.

Io cantavo una canzoncina, che recitava così: “Per colpa della Scuola, ci sono tanti compiti, che fanno stra-morire, senza vitalità”. Era divertente l’uso della parola “stra-morire”. Che era un rafforzativo di “morire”. Quindi, la Scuola non solo faceva morire: di più ancora. E, soprattutto, toglieva ogni forma di vitalità.

Poi cantavo: “Tutti i giorni… quella Scuola” (la pronunciavo “scuolla”, con due “l”).

Poi, mi divertivo a fare giochi di parole dove “Scuola” diventava “Scholla” “Lascko”, “Loscka”.

Notare come parole come “Lasco” e “Losca”, “storpiate” nella pronuncia in modo giocoso, non esprimessero di certo dei valori positivi.

Già da fanciullo, quindi, avevo intuito che ero in un luogo che, invece che formare la mia mente, la bloccava, creando delle sovrastrutture che ne impedivano il naturale funzionamento.

Era proprio una cosa “Losca”, insomma: la parola che utilizzavo, seppur storpiata, diceva molto!

E, nel proseguo, questo l’avrei sperimentato ancora di più!

Giocare, studiare… oppure lo studio diventa un gioco…e il gioco diventa studio, solo in forme diverse?

Sempre quando ero fanciullo, cantavo una sorta di canzoncina: “Giocare, studiare, studiare, giocare, che vita”. In effetti, veniva posta una netta “spaccatura” tra gioco e studio.

Questo perché si era deciso che lo studio è fatica, peso, impegno, tensione… e così via.

Ora che abbiamo capito che l’apprendimento naturale avviene senza sforzo… perché non pensare all’apprendimento come a un gioco? E perché distinguere tra studio e gioco? Potrebbero essere uno la continuazione dell’altro! E lo studio potrebbe essere solo “una forma diversa di gioco”. E, perché no, il gioco potrebbe essere “una forma diversa di studio”.

In fondo, ci sono giochi molto “elevati” culturalmente! Basta fare un giro in luoghi come “La Città del Sole”, per rendersene conto!

Quindi, direi, lasciamo andare la distinzione tra “gioco” e “studio”: lasciando la mente libera di lavorare in autonomia, senza interferenze, il gioco è una forma di studio, e lo studio diventa la prosecuzione del gioco in  una forma diversa. Così, l’affermazione “Che vita…”, può diventare “Che vita!”, nel senso di “Che bellissima vita!”. Dove il sapere diviene bellezza, e non qualcosa di tedioso e pesante. Diventa proprio un “apprendere come un soffio”!

Credo che, a questo punto, sia molto chiaro perché, da 0 a 3 anni, abbiamo imparato davvero “Mondi”, e poi basta o quasi: in quell’epoca lasciavamo che la mente lavorasse per come è programmata, mentre poi la Scuola e l’Educazione l’hanno fatta lavorare secondo loro schemi fissi e rigidi. E allora questa si è bloccata.

Abbiamo anche visto che, però, nulla è perduto, e che, se ci lavoriamo, la mente può di nuovo sprigionale il suo potenziale più bello. Basta fidarsi di lei, e permetterle di lavorare per come è programmata per fare.

Con gli esercizi che vi ho proposto, spero, lo avrete sperimentato. E, vedrete, lo sperimenterete un po’ ovunque, e sempre.

Nella prossima parte inizieremo ad affrontare il tema della Lingua e del Linguaggio. Con riferimento all’Apprendimento Linguistico. E nelle parti successive vederemo come, usando il naturale funzionamento della mente, apprendere una nuova lingua è tutt’altro che difficile, ed è anche molto, molto divertente.

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