Italia ’23: “teledipendenti, vaticanisti ed odofobici” (prima Era: “poeti, santi e navigatori”)

Italia ’23: “teledipendenti, vaticanisti ed odofobici” (prima Era: “poeti, santi e navigatori”)

Di Lucaa del Negro

Che sia chiaro: questo titolo non deve essere inteso insulto eppure vilipendio alla Nazione, chiamati a rispondere noi cittadini ed ancora attori nostro malgrado di una tragica dissimulazione delle vicende storiche in corso, tutt’ora protagonisti degli stessi increspati termini dell’era Covid-19, per tenere il riferimento all’anno 2019 ed a quelli che si stanno sviluppando attorno alla cosiddetta pandemia oscurata della verità dal segreto militare imposto.

Va da sé, questa scrittura intrisa di provocazione, è da intendersi cimento per tentare un recupero, una prima assistenza visti i comuni sintomi cognitivi, emotivi, fisici e comportamentali che affiancano il sacrificio e tormento di constatare la deriva del Paese, considerando la letteratura disponibile e piuttosto esplicita al riguardo; manifesto ormai questo strazio, siamo difronte con poco dubbio ad un’altra ingenua prova da parte del sottoscritto, predisposta scrittura ad essere giudicata applicazione di saccenteria e disincantata elucubrazione, laddove quel “poeti, santi e navigatori”, oggidì, potrebbe essere un sottinteso ed ormai marcito rimando d’orgoglio in favore di questa Penisola degradata e sempre più sterile al sano patriottismo di un tempo ahinoi perduto.

Di seguito:

– Teledipendenti (era: poeti)

I dati parlano chiaro, l’ultimo sondaggio OCSE per citarne uno (facciamocene una ragione per iniziare ad aggredire questa afflizione) comunica di una grave incapacità di comprendere il testo scritto da parte degli italiani di oggi: l’analfabetizzazione di ritorno già citata più volte su questa rivista, insomma, dilaga; solo a voler scrivere di “poesie”, parrebbe una bestemmia, laddove la “tivì” con i programmi spazzatura seguitissimi eppure distaccati dallo “share” (telegiornali, approfondimenti di politica, cronache pilotate ecc. assolutamente inclusi) ed i lungometraggi sui generis -per la maggiore yankee e non è un caso- sono l’ordine del giorno. Se qualcheduno è ancora capace di ravvisare un “progetto” per questa pena, liberatosi dalla infamia di “complottista” per un attimo, potrà e dovrà facilmente constatare che la latente ignoranza travasa nell’incoscienza di far parte di una società impaurita, servile, non più responsabile delle scelte e sempre meno civile nonostante il nostro passato e non solamente remoto sia conficcato agli antipodi difronte a questa sciagura, indi per cui l’andare alle urne, è atto di suicidio collettivo e dicasi meglio -correggetemi se sbaglio dopo aver fatto mente locale sugli ultimi trent’anni almeno- stillicidio.

– Vaticanisti (era: santi)

Il Popolo italiano, in particolare, è sempre stato credente; anche durante i tempi di “Don Camillo e Peppone” -per aggiungere una nota nazionalpopolare come rimando all’eterna e mai scaduta e noiosa questione “comunisti e fascisti”- una indubbia religiosità è sempre stata presente nella nostra società. Lo spirito -in somma- ha sempre avuto una certa importanza; il valore morale ed etico mai è stato messo in discussione nei principi e, se lo è stato, la diatriba all’interno degli studi umanisti e dove andare a parare, si è comunque sempre svolta con in mente il benessere dell’Uomo prima di tutto.

Oggigiorno, tra guerre combattute ferocemente fuori dai confini nazionali anche grazie al nostro aperto supporto, inaccettabile difronte ai personaggi oscuri che la guerra la sostengono in nome di una presunta pace e prosperità (modus operandi questo inaudito se ci atteniamo alla Costituzione), nonostante un numero di quasi 7 milioni di concittadini accertati poveri lasciati in balia di una burocrazia maledetta che copre d’oro i governanti tutti e dilapida milioni in armamenti -leggi di privilegi e sperperi visti solamente nella Francia di Luigi XVI- le discussioni pubbliche si animano non verso il Governo del Paese che male opera addirittura sotto pressione esterna, sia esso di sinistra o di centro o di destra ma, verso uno Stato che da oltre duemila anni si regge sulla teocrazia!

Il Vaticano che nulla deve a Palazzo Chigi oppure al Quirinale, Stato indubbiamente non democratico che nomina uomini maschi (vicari di Cristo in Terra) senza ricorrere al suffragio elettorale, è oggetto di scandaglio da parte di quasi ogni intellettuale (nientemeno apertamente ateo, marxista od in odore di protestantesimo!) che in Italia si rispetti e, questo, è clamoroso se l’attendibilità di cotanti studiosi la vogliamo tenere in alta considerazione. Martin Lutero -lo ricordo a tutti, nessuno escluso- ha introdotto i Cristiani alla “Riforma” nel lontano 1517: passiamo oltre una volta per tutte, oppure di che cosa essi ancora blaterano? (“Il Papa che vorrei…” -si legge tra le righe degli opinionisti più in voga- non si può sentire: suvvia!)

– Odofobici (era: navigatori)

Il termine è -sembrerebbe- nuovo: paura di viaggiare. Questa esagerata paura o meglio fobia, nella declinazione di questa lettura, è da intendersi in un quadro sintomatologico particolare, in uno stato mentale che tende a temere e sospettare di tutto (e tutti) perché in qualche modo considerati complici quindi colpevoli o potenziali tali nel concorrere a produrre il malessere percepito. Non è la paura di volare che voglio evidenziare ma il disagio, la brutta sensazione che gli italiani provano percependo ostilità da chiunque non riconosciuto si presenti davanti a loro, sia una presenza fisica oppure un insieme di fattori (talvolta presenti veramente ma che andrebbero affrontati a testa alta…) che parrebbero poter cambiare o mettere in discussione la precaria vita pianificata spesso durante e dopo assurde/inutili difficoltà incontrate nel sistema Italia.

Il cittadino italiano autoctono, generalmente la generazione “X” e poco oltre secondo questa classificazione ISTAT (anni di nascita compresi tra 1970 e 1995), bombardato da informazioni che non riesce a carpire nella loro integrità e verità, si difende innalzando una barriera di diffidenza esagerata e di egoismo, attende passivo ordini (titoli di giornale) come uno squallido squadrista; sovente egli ricerca con disperazione ma simulata, altri simili corrotti ma, sempre con grande diffidenza che egli stesso spezza attraverso l’uso delle piattaforme virtuali dove può facilmente scomparire nel rifiuto (esplicito se messo alla sbarra) di unirsi in una ipotetica solidale lotta di contrasto.

Vive di ambiguità politiche ed idealistiche, tende ad isolarsi, a non figliare circondandosi di affettuosi cani. Idolatrare l’aguzzino/eletto che riveste un ruolo confuso nel sogno mistificatore e nell’immaginario identificato in un modello scaltro e protetto permanentemente dal governo dello Stato nepotista, è un automatismo di riflesso, pronta carta vincente ad essere rivalutata e votata alle medesime ed inalterate condizioni che la propaganda diffonde.

La conclusione di questo scritto aspro è presto scritta:
il corso degli eventi non è un susseguirsi di rinunzie che posso immaginare differente da un rifugio dall’apatia e dalla rassegnazione; ritengo che le responsabilità di questa disgrazia che si abbatte sull’Italia plasmata nel “cambio generazionale in forzata sostituzione etnica” ed in cui la malavita prende una parte per consuetudine storica, siano evidenti ed accertate, ed oggi, addirittura poco o per nulla nascoste.

I mezzi informatici con le loro proposte riversano opzioni per reagire: sembrano molte ma non conducono a quasi più nulla di oggettivo. Vinto lo “stress-test” delle piazze dal regime sempre più orwelliano, finiti noi tutti ad essere circondati e meglio ad essere separati come conviene all’imperatore (dividi et impera), restiamo in attesa di una chiamata con l’elettroencefalogramma piatto in mano, in fila, laddove ogni scusa è allestita per abbandonare il testimone ed accusare il prossimo, una specie di evoluzione del voltagabbanismo incarnatosi nella recente storia italiana come un tatuaggio qualunque.

(Il racconto della “carota e del bastone” insegna molte cose, una che mi preme sottolineare è quella di ricordare che le carote crescono dove vengono seminate. “Si sta come in carcere ma con l’ergastolo.” )

In conclusione, ciò che ritengo sia necessario per rimanere liberi ed impegnati nel dialogo costruttivo, aperta la pagina della critica nel dissenso utile al confronto e mai ipocrita in cui il fatalismo potrebbe comunque confondere, è il sostegno morale ed economico, sempre utile quest’ultimo per comprare carta e siti Web, (QUI il collegamento al mio personale, semmai…) per organizzare una trasferta e per mostrare alternative e talvolta soluzioni non contemplino la violenza.

Nondimeno, specialmente per campare come esseri umani pensanti e mai leccapiedi allontanando per prima cosa la schiavitù ritornata pratica inevitabile del sistema capitalistico, fulcro questa pratica maledetta di tutti i mali.

Dopo molte parole sta nascendo un progetto fotografico: esso si chiama “photoGRAPHx” e comprende immagini certamente distorte e parte di articoletti come questo (rivisitati) apparsi su “GliScomunicati”.

Per favore, sostieni questo indipendente lavoro e condividilo: è un’ultima chiamata prima anche tu possa mutare in singolo irrilevante follower di altri follower di altri follower di altri…L’Italia merita altro.
Grazie.

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Lucaa del Negro https://autorenegro.org
“QUADERNO di GUERRA (Ihr Kampf)” E’ DISPONIBILE: -> edizionidelfaro.it/libro/quaderno-di-guerra
[Foto: “People”; collezione dell’Autore -> https://autorenegro.org/photographx/

}}}Immagine di copertina di Lucaa del Negro

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