Rubrica di riflessioni in punta di penna
Caro vittorio,
fino a una manciata di anni fa, la nostra professione serviva anche a divulgare la conoscenza della lingua madre, a sostenere la cultura, la riflessione e la capacità critica collettiva.
Le edicole erano luoghi di distribuzione di informazioni e di opinioni d’alto livello. I lettori potevano contare su contenuti che avrebbero illuminato le loro menti, fatto loro scoprire – attraverso inchieste giornalistiche, notizie di cronaca e scoop – quel mondo sommerso che solo noi, attraverso il nostro duro mestiere di ricerca e suole consumate, sappiamo come far emergere dalla coltre dell’oscurità.
A un certo punto qualcosa si è incrinato, evidentemente nel momento in cui il web ha preso il potere su ogni cosa, e quindi sull’intelletto umano. Io che sono tra i primi giornalisti ad aver fondato, 15 anni fa, una testata giornalistica online, dissi un giorno: “Internet ucciderà il nostro mestiere. Qualsiasi persona potrà aprire un blog e sputare sentenze o falsificare le notizie. I lettori ci cascheranno come pere, e capire la differenza tra giornalismo e raccontaballe sarà sempre più difficile”.
Così è stato. Oggi registriamo il crollo di un settore. Le edicole, per sopravvivere, hanno dovuto trasformarsi in venditori di gadget. I lettori sono diminuiti costantemente “Tanto mi informo su Internet”! i social network pullulano di false informazioni svendute per sacra verità.
A capo del dissesto del nostro settore, io pongo due elementi: la diffusione del web e dei social network, e l’avvento dei 5Stelle che hanno contribuito a far ritenere alla popolazione che facciamo tutti schifo a prescindere. Dimenticando che senza di noi, gli italiani e il resto del mondo non saprebbero di chi diamine si stia parlando.
A questo punto, per salvare professione, settore e lettori, è necessario a mio parere coordinarci per trovare il miglior modo per operare e ormai fondamentalmente sul web, ma con regole precise, e che dimostrino ai lettori che il nostro impegno quotidiano è un valore aggiunto, non inutile pattume. Indagini, dare al lettore la possibilità di interagire con noi, metterlo nella condizione di partecipare attivamente a un dibattito sui temi che trattiamo, smettere di pretendere una comunicazione a una sola via, la nostra.
Con te, attraverso questa nostra rubrica, stiamo avviando questo processo: i lettori inviano i loro commenti, siano essi di approvazione o di dissenso, ma lo fanno sentendosi parte attiva del giornale.
La tua visione sull’argomento interessa me e i nostri lettori: attendo la tua replica.
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Cara Emilia,
perdona la franchezza, ma il giornalismo è stato fatto a pezzi proprio da internet.
Ormai i redattori stanno tutto il giorno davanti al computer che li ipnotizza. Copiano le notizie già divulgate e le scrivono male. Nessuno di loro alza il sedere dalla poltrona, pertanto i fatti della vita non li raccontano più.
I quotidiani si sono impoveriti e la gente non li compra più perché ininteressanti. Si occupano solo di politica noiosa e di COVID.
Sono tutti uguali e tutti noiosi. Molte edicole hanno chiuso perché campavano male.
Parecchi anziani, che erano lettori affezionati, sono morti a causa del virus. Cosicché le copie diffuse sono del tutto crollate.
Non facciamoci illusioni. Il nostro mestiere si sta estinguendo. Forse è già defunto.
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Caro Vittorio,
non posso che darti ragione e prendere atto di una situazione palesemente andata a ramengo. I lettori della nostra rubrica, nel frattempo, stanno crescendo e chiedono maggiori informazioni anche su questo tema, che li sta appassionando in quanto ritengono te, e anche me, un loro punto di riferimento nel panorama dell’informazione.
Vuoi aggiungere qualcosa per far comprendere loro cosa sta accadendo alla stampa e perché?
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Cara Emilia,
Il giornalismo è morto perché la vendita dei giornali è crollata, tutte le testate hanno ridotto le copie minimo del 70 per cento. Le aziende hanno bilanci in rosso e se si tratta di inviare un redattore in una qualsiasi località mancano i soldi per coprire le spese di viaggio.
Di conseguenza i quotidiani e i settimanali si sono drammaticamente impoveriti.
Quanto alla tv segnalo che il suo pubblico si è dimezzato. E anche su questo punto bisogna riflettere.
Il mio pessimismo non è frutto di una opinione negativa, bensì nasce dalla constatazione della realtà. Cantano i numeri.
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Caro Vittorio,
come sempre sei schietto, preciso, sincero. Esattamente ciò che i lettori – che ringrazio per la grande partecipazione a questa nostra rubrica settimanale – chiedono a chi fa il nostro mestiere…
DONA ORA E GRAZIE PER IL TUO SOSTEGNO: ANCHE 1 EURO PUÒ FARE LA DIFFERENZA PER UN GIORNALISMO INDIPENDENTE E DEONTOLOGICAMENTE SANO
Gli Scomunicati è una testata giornalistica fondata nel 2006 dalla giornalista Emilia Urso Anfuso, totalmente autofinanziata. Non riceve proventi pubblici.
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