Finanza versus Lavoro

Finanza versus Lavoro

Di Maurizio Micelli

Matteo Renzi propone di mandare Draghi a trattare con Trump, sancendo una volta per tutte una verità che tutti fingono d’ignorare: l’esistenza di un potere che intende plasmare i destini del mondo senza alcun mandato popolare.

E’ arrivato però il momento di rendere chiara la natura dello scontro in atto. Mario Draghi è il rappresentante di quella finanza che ha decretato il declino   dell’Occidente nella sua forma più indecorosa. Praticamente tutto ciò che Trump sta tentando di combattere attenuare, controllare.

Un incontro ai massimi livelli tra Mario Draghi, che rappresenta anche il sistema di usura bancaria e Donald Trump, che tenta di ridare un ruolo preminente alla politica, quindi alla democrazia, potrebbe essere un’idea sensata se pur partorita dalla mente di Matteo Renzi che però dimostra di aver capito che lo scontro è divenuto esiziale.

Ci sono tappe precise che hanno scandito il passaggio dello scettro del potere dalla politica alla finanza e l’attacco che questa ha riservato alla classe media:  quella che Trump  sta cercando di resuscitare, riportando la manifattura in patria e senza la quale, secondo Dahrendorf *, nella “teoria dei due terzi,”, non può che imporsi una dittatura.

Una società che conta di una classe privilegiata e una classe proletaria, per quanto non perfetta, non può rinunciare a una classe media che funga da ammortizzatore tra i due estremi e rappresenti la possibilità di un ascensore sociale per gli ultimi.

Ci sono momenti precisi in cui la lobby finanziaria ha imposto scelte legislative al fine di produrre ricchezza per pochi e povertà per molti?

Non è una questione nuova, quella della forte sperequazione creatasi negli ultimi trenta anni tra classi privilegiate e classi meno abbienti, in sostanza tra chi fa soldi speculando in borsa e chi lavora. Abbiamo pure scordato che dopo la crisi dei “Sub prime “, causata dalla solita finanza criminale, ci sono stati molti casi di suicidio nella piccola e media impresa italiana.

Quegli imprenditori che con mercati in flessione e privati di colpo dell’assistenza da parte delle banche, non hanno resistito all’umiliazione di non poter più sostenere le maestranze delle quali erano diventati mentori. Tutti con la memoria corta, poco a poco ci hanno bolliti e ora la più potente nazione al mondo si ribella alla perdita di leadership a favore della Cina, alla delocalizzazione del lavoro,  alla conseguente  flessione dei salari interni, ai flussi di danaro che schivano gli investimenti produttivi e si tuffano nel grande gratta e vinci di Wall street.

Gli USA eleggono un uomo strambo ma coraggioso, che sta dicendo alle banche tornate a fare il vostro mestiere: raccogliete risparmi e assistete il lavoro! Perché le banche questo devono fare, è la loro funzione regolata dalla legge.

Sembra invece che la grande finanza, ottenuto il dominio sugli stati con essa indebitati, pretenda di plasmare il mondo in conformità a un disegno che mira alla disgregazione identitaria e sociale pur in assenza di una qualsiasi forma di consenso popolare.

La nuova aristocrazia finanziaria, tutelata da assoluta impunità, pretende tagli allo stato sociale, affinché le nazioni – quindi i popoli loro creditori – risultino più affidabili e “meritevoli” della lorio “usura” che si traduce in un debito sostanzialmente “eternizzato.”

Le banche dovrebbero raccogliere depositi e assistere le aziende produttive facendo circolare quel denaro raccolto. Invece hanno dirottato tutti i risparmi sui mercati finanziari: azioni e obbligazioni, gestiti non direttamente ma da società di gestione del risparmio (Sgr) etc. rimanendo prive di depositi diretti e privandosi della possibilità di assistere le aziende con adeguato sostegno finanziario.

Sono cresciuti solo i crediti ai consumatori che hanno una rotazione veloce e impegnano meno capitale. In sostanza, il combinato disposto di speculazioni azzardate su prodotti derivati, al solo scopo di creare denaro col denaro, bypassando gli investimenti produttivi e l ‘esplosione di prestiti personali ai cittadini privati che hanno comprato benessere a debito, gonfiando un pil dopato, ha preparato il terreno  al potenziale  fallimento delle banche stesse .

Il fallimento delle banche, circostanza   mai immaginata prima , è diventato talmente possibile che, senza colpo ferire  è stato “inventato” il “Bail in” come dire: “caro cliente se la banca fallisce ci perdi i tuoi soldi”. Anche se in onestà questo principio, almeno sulla carta, è declinato in forma più articolata. Di fatto, le banche con lo sportello sotto casa hanno smesso di fare il lavoro per il quale erano vocate e hanno cominciato a utilizzare i risparmi dei clienti per cercare fortuna sui mercati finanziari, operazione che era divenuta vietatissima dopo la crisi del 1929, a sua volta generata, anche all’epoca, da un eccesso di finanziarizzazione.

Grazie al provvedimento firmato dai senatori Glass e Steagal (Glass and Steagal act del 1933) le banche dovevano decidere se assistere privati e imprese o speculare in borsa. Le due funzioni non potevano essere svolte entrambe dallo stesso istituto bancario. Ma siccome ‘l’avidita’ non ha memoria, nel 1999 questa misura prudenziale e saggia, viene abolita su proposta dei repubblicani e varata del governo Clinton.

Gli istituti di credito tutti, iniziano a giocare d’azzardo sui mercati coi soldi della gente. Algoritmi decidono dove investire i risparmi di una vita, le banche restano prive del capitale necessario per concedere credito alle aziende ma i valori mobiliari si gonfiano e sgonfiano in maniera paradossale nel susseguirsi di continui crolli generati da bolle speculative che arricchiscono gli squali a danno dei piccoli risparmiatori. 

Tutto ciò determina un impoverimento economico, deontologico e morale di un sistema che con l’implementazione dell’euro, gestito dalla BCE (la banca centrale più strampalata della storia dell’umanità), rivelerà la sua  vera funzione: consegnare alle banche d affari gli stati europei che vi  hanno aderito e la vita dei suoi cittadini.

Sulla questione mi riservo una riflessione in un secondo momento. Per ora, e lo dico da socialista “pertiniano”, non c’è libertà senza diritti sociali sic.

Spero nella buona fede di Trump, e se mai ci sarà un incontro tra Draghi e Trump, eserciterò  tutto il mio speranzoso tifo a favore del tycoon che quanto meno, sta facendo il lavoro per cui è stato eletto.

*Ralph Darhendorf( Filosofo e sociologo Amburgo 1 Maggio 1929 Colonia 17 Giugno 2009)

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