Di Michele Miccoli – Avvocato cassazionista e docente universitario
Il disegno di legge sul codice rosso, che si propone di affrontare la problematica della violenza di genere in maniera incisiva e tempestiva, suscita un acceso dibattito nel panorama giuridico e sociale italiano. Tuttavia, una disamina accurata di tale provvedimento rivela una contraddizione intrinseca, in palese contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale.
L’articolo 577-bis, recentemente approvato dal Senato, introduce il reato di femminicidio, delineando un quadro normativo che, sebbene volto a proteggere le donne da atti di violenza, rischia di generare una discriminazione insidiosa. Infatti, la sua formulazione suggerisce una distinzione tra i sessi, ponendo in evidenza una disparità di trattamento che, sebbene possa apparire giustificata da nobili intenti, contrasta con il fondamentale principio di parità di fronte alla legge.
La Costituzione italiana, all’articolo 3, proclama con fermezza che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali“. Tale enunciato, che funge da pilastro del nostro ordinamento giuridico, sembra essere compromesso da un articolo che, nel tentativo di affrontare una questione di vitale importanza, finisce per creare una disparità tra uomo e donna, riservando a quest’ultima una tutela privilegiata.
Il rischio, quindi, consiste nel perpetuare una visione binaria e limitata della realtà, non tenendo conto delle sfumature e delle complessità dell’identità di genere. Coloro che non si identificano in una delle due categorie tradizionali, uomini o donne, si troverebbero, di fatto, esclusi da una norma di tutela che li considera invisibili, relegando la loro esistenza a una condizione di marginalità giuridica. La legge, in tal modo, si trasforma da strumento di protezione a veicolo di discriminazione, contravvenendo così ai principi di ragionevolezza e proporzionalità che dovrebbero guidare l’azione legislativa.
È doveroso, pertanto, riflettere su come le misure di protezione debbano essere elaborate in un contesto di inclusività e rispetto della dignità di ogni individuo, indipendentemente dal genere.
La sfida consiste nel trovare un equilibrio tra la necessità di combattere la violenza di genere e il rispetto dei diritti di tutti, affinché la legge non diventi un’arma di divisione, ma piuttosto un baluardo di equità.
In ultima analisi, l’approvazione del disegno di legge sul codice rosso richiede una revisione critica e un’analisi approfondita, affinché si possa giungere a un provvedimento che non solo risponda alle esigenze di protezione delle donne, ma che, al contempo, rispetti e promuova il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione. Solo così si potrà edificare una società realmente giusta e equa, in cui ogni individuo possa sentirsi tutelato e valorizzato nella propria unicità.

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