Siamo tutti narcisisti?

Siamo tutti narcisisti?

Rubrica a cura del dottor Claudio Rao

Il mito di Narciso è narrato principalmente nelle Metamorfosi di Ovidio, famoso poeta romano del I° secolo a.C. Secondo la leggenda, Narciso era un giovane di straordinaria bellezza, ma al contempo freddo e insensibile agli affetti degli altri. A seguito di una punizione divina, s’innamora della sua stessa immagine riflessa in uno specchio d’acqua e muore cadendo nel lago in cui si specchiava.

Il termine “narcisismo” fu introdotto nel 1886 dallo psichiatra e neurologo tedesco Richard von Krafft-Ebing e ripreso nel 1898 da Paul Adolf Näke, psichiatra e criminologo tedesco e da Havelock Ellis, medico e psicologo britannico per designare un atteggiamento patologico della vita sessuale, per cui il soggetto gode nell’ammirare il proprio corpo, cioè tratta il proprio corpo come oggetto sessuale, come fonte di desiderio e di piacere, come il giovane Narciso nel mito greco.

Un termine, quello di narcisista, entrato a far parte del linguaggio quotidiano col rischio di diventare vittima del suo stesso successo. Nel libro «Moi, moi et moi, narcissisme : le bon, le mauvais, lepathologique»¹ (Me, me e me, narcisismo: il buono, il cattivo, il patologico) la psicoanalista francese, Hélène Vecchiali sembra sfidare una serie di idee preconcette. Qui, nonostante appartengano allo stesso ambito teorico, i termini “egocentrismo” o “egoismo” non compaiono molto spesso. Questo perché, secondo l’autrice, i meccanismi di questi modi di essere sarebbero diversi: « L’egoista è concentrato su se stesso, sul suo profitto, sui suoi interessi.

L’egocentrico, invece, fa sempre tutto per sé. La sua opinione è la più importante e gli piace essere al centro dell’attenzione, ma non vuole essere amato.

Quanto al narcisista, ha un bisogno viscerale dello sguardo degli altri e spera di vedere confermato il suo potere di seduzione». Ricordiamoci che la parola narcisismo non ha necessariamente una connotazione negativa. Inizialmente, si riferisce alla capacità del bambino di amare se stesso ed essere in grado di amare gli altri. È quindi il fondamento della nostra identità. «Questa risorsa diventa un problema quando si trasforma in “iponarcisismo” o “iper-narcisismo» avverte Hélène Vecchiali. L’ipo-narcisista è la persona che insiste su tutto ciò che in lei non va: non è mai “all’altezza” e mostra grande abilità nello svalutarsi.

L’iper-narcisista, dal canto suo invece, non smette mai di vantarsi e di mettere in mostra le sue capacità. La buona notizia è che esisterebbe anche un narcisismo “sano”. Secondo la nostra psicoanalista infatti, « Il “buon narcisista” ha un rapporto sereno con se stesso. È in grado di volersi bene, senza guardare continuamente gli orologi e gli specchi. Arricchisce i propri legami affettivi, lavora per essere efficiente e prova piacere nella propria attività che non svolge soltanto per orgoglio. Insomma, si prende cura del proprio corpo come della propria anima ». Tutti narcisisti dunque? Purchè nella giusta misura. ¹ Hélène Vecchiali, Moi moi et moi : Narcissisme : le bon, le mauvais, le pathologique, Marabout, 2017.

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