Facebook: una mentalità punitiva. …ma le alternative esistono

Facebook: una mentalità punitiva. …ma le alternative esistono

Di Sergio Ragaini

Facebook è il Social Network più utilizzato in assoluto. Tuttavia, non è mai stato un modello di tolleranza e buone maniere: i suoi metodi sono sempre stati aggressivi e coercitivi. In questo ultimo anno il tutto pare essersi amplificato, sino ad arrivare ad abusi, quali blocchi e sospensioni di utenti, “rei” di avere inserito post che violano non meglio specificati standard della Comunità. Il tutto ha raggiunto livelli insostenibili, ed è opportuno, invece che prodursi soltanto in inutili quanto improduttive lamentele, cercare delle alternative, il più possibile valide. Alternative che, fortunatamente, ci sono, e stanno acquisendo via via sempre maggior vitalità. È il caso, sicuramente, di provarle.

Facebook: ancora e sempre lui. Il Social Network più “in auge” del momento attuale, e non solo del momento attuale, continua nella sua modalità aggressiva e davvero “persecutoria”.

Premetto: nessuno “materialmente” esegue delle operazioni: si tratta di algoritmi. Tuttavia, questi appaiono davvero al limite dell’impossibile, anche come modalità repressiva nei confronti di qualsiasi cosa non appartenga ad un pensiero dominante.

Avevo già scritto sull’argomento in un articolo di alcuni mesi fa: eccolo qui. Nell’articolo mostravo come, da sempre, questo Social, anche in tempi “non sospetti”, come sono invece gli attuali, abbia sempre usato metodi repressivi, e comunque punitivi: dalle disattivazioni degli account dell’inizio, all’obbligo di aggiungere solo utenti che si conoscevano “di persona” (allora a cosa serve un Social Network, mi chiedo!) sino alle continue e intollerabili censure del periodo attuale.

D’accordo, è un Social “privato”: tuttavia, come ricordava qualcuno, privato non vuol dire onnipotente. Purtroppo, in questo caso, chi lo gestisce, a quanto pare, si sente in questo modo, visto come si opera sul dissenso, al quale non viene lasciata non solo la facoltà di esprimersi, ma anche quella semplicemente di difendersi.

L’episodio che mi porta a scrivere questo articolo ha colpito me personalmente: infatti, si tratta di una sospensione di sette giorni che sto ora “scontando” (mi mancano le ultime 24 ore, al momento nel quale sto scrivendo), per avere postato qualcosa che, secondo il Social, “viola gli standard della Community”.

Nel citato articolo parlavo di miei post, indicati come “incitanti all’odio”. Allora mostravo come questo non voglia dire nulla: si può incitare a compiere un’azione, ma non di certo a provare un sentimento!

Quando accaduto ora è ben peggiore: infatti, a differenza della precedente occasione,non è stata data alcuna spiegazione in merito: solo: “Il tuo post non rispetta gli standard della Community”.

Di seguito era elencato il post. Ve lo riporto, compresa la sua “introduzione in doppia lingua: elimino ovviamente il nome della persona menzionata:
Grazie (nome dell’amica) ! Cura perfetta per il COVID-19!

Thanks (firend’s name) A perfect healing method for COVID-19!
“Aspirina, cortisone, idrossiclorochina, poi antibiotici, macrolidi, zinco,vitamina C e eparine a basso peso molecolare. “

Come potete vedere, il post non insulta nessuno: riporta solo il commento di un’amica, tra l’altro che conosco personalmente, in merito alle cure del COVID-19. Un post che solo elenca possibili cure, che sono poi quelle corrette, e che non impone le medesime a nessuno, ma solo le indica come “una cura perfetta”.

Eppure, questo post mi ha fatto “apparire” la scritta “Non puoi pubblicare o commentare per 7 giorni”.

Come indicavo nel precedente articolo, questo si può rivelare essere peggio dell’esclusione totale, nel senso di impedire addirittura l’entrata nel Social: infatti, si può essere qui solo spettatori, senza poter in alcun modo interagire. Si può solo guardare, eventualmente accettare richieste di amicizia (ma non inviarne). Anche su post da noi messi in passato non è possibile rispondere ad eventuali commenti, e nemmeno mettere un semplice “mi piace”. Insomma: ogni possibile azione sul Social è inibita. Per questo fatto, dopo un po’, e dopo qualche illusorio tentativo di vedere se tutto funzionava (spiegherò a breve il perché), si rinuncia anche ad interagire, e a vedere cosa accade. Lo ammetto: Facebook manca all’inizio, nei primi momenti, ma poi pare ci si abitui molto bene alla sua assenza. Anche perché, e sarà argomento fondamentale di questo articolo, le alternative non mancano di sicuro! Anzi!

Ma andiamo per gradi: solitamente, come già ricordavo nel citato articolo, dopo avere comunicato all’utente, mediante un messaggio popup, la decisione di sospenderlo per alcuni giorni dal Social, dava la possibilità di non essere d’accordo. Un piccolo, anche se parziale “ricorso”, nel quale si richiedeva un riesame del post. Solitamente questo dava esito sfavorevole, e dava poi luogo ad un messaggio: “Abbiamo riesaminato il tuo post, e confermiamo che non rispetta gli standard della Community”.

Tuttavia, non è sempre così: qualche volta il riesame ha avuto esito favorevole. Di questo ho avuto esperienza personale il 19 gennaio, in quel giorno avevo inserito un post abbastanza ”lapidario”: “Il vaccino Sars-Cov2 è una truffa”, ripetendolo poi anche in inglese. Era una definizione che il virologo Giulio Tarro aveva espresso sul vaccino Sars-Cov2 ancora quasi un anno fa, parlando di un “possibile vaccino” per un virus che continua a mutare.

In quell’occasione avevo espresso il mio dissenso sulla decisione. E dopo circa quattro ore avevo trovato il messaggio: “Abbiamo nuovamente esaminato il post e abbiamo deciso che rispetta gli standard della Community”.

Il problema accaduto stavolta, invece, è di una certa gravità. Infatti, io, come avevo fatto il 19 gennaio, ho espresso il mio disaccordo. Attendevo quindi la decisione di facebook in merito (decisione che avviene verosimilmente in modo “automatico”, mediante algoritmi).

Invece… non è arrivato nulla. Osservando la “cronologia restrizioni” appare solo lo step “Non sei d’accordo con la decisione”. Tuttavia, null’altro è stato “emesso” dal Social di Zuckerberg. Tutto è rimasto su quello “step”,  che non è stato mai completato.

Ho però notato che, accanto all’indicazione in questione, compariva la scritta “chiuso”. In pratica, questo voleva dire “La decisione è definitiva”: in pratica, non mi era concesso di oppormi alla stessa.

La conferma di ciò mi è arrivata allorché ho scritto a Facebook, all’indirizzo email indicato per gli abusi (o per gli errori), e non ho ricevuto alcuna risposta.

Oggi, a “pena” praticamente finita, l’indicazione è ancora quella: viene specificato il mio disaccordo, che non è stato però mai preso in esame.

A questo punto, potrebbe esserci stato un errore: così come ad esempio non arrivano, e la cosa è più frequente del previsto, le mail di conferma di indirizzi email inseriti all’atto dell’iscrizione a qualche servizio (anche di questo ho avuto una prova, di recente, con Telepass, non potendo quindi iscrivermi online al servizio), allo stesso modo il fatto che non mi sia arrivata alcuna risposta al mio “ricorso” potrebbe essere un errore. Che tuttavia non appare verosimile, visto che nemmeno la mail inviata a Facebook ha avuto risposta.

Ho poi letto che, in alcuni casi, vi sono post che non possono essere “eleggibili ad un ricorso”. In pratica, in questi casi, le decisioni si può solo accettarle e subirle, perché “Il Social ha deciso così”. Come dire: “O così o così”, oppure “o così o te ne vai”.

Proprio su questo “te ne vai” discuteremo a breve. Ora cerchiamo di capire le modalità di questo Social. Queste non sono mai state “per la quale”, e hanno sempre avuto in sé modalità fortemente “punitive” e “coercitive”. Infatti, il Social non si limita a censurare quelle che definisce “violazioni”, cosa che di per sé sarebbe gravissima, ma sanziona in modo spesso umiliante chi le commette. In questo caso, non si limita a togliere un post “sgradito”, ma sospende, come visto, l’utente per un certo tempo dalla possibilità di interagire col Social. Esattamente come, negli anni scorsi, chi aggiungeva contatti di utenti “che non conosceva personalmente” veniva sanzionato con impossibilità, per qualche tempo, di poter aggiungere contatti, e con la “minaccia”, caratteristica costante di questo Social, di non potere più aggiungere contatti in permanenza.

Come già dicevo nell’articolo citato, il tempo di “sospensione” è crescente: si parte con un semplice “avviso”. Poi 24 ore, 3 giorni, 7 giorni, 14 giorni e 30 giorni. Dopo un paio di “sospensioni” di 30 giorni l’utente è “bannato” a vita. È capitato ad un mio conoscente, che mi ha fatto vedere la “videata” relativa: era indicata la disabilitazione dell’account, l’indicazione “più post violavano gli standard della Community”. E la scritta “categorica”: “Abbiamo già controllato questa decisione, e pertanto non può essere cambiata”. Insomma: in parole povere: “Sei fuori, perché così abbiamo deciso. E la decisione è definitiva”.

Esaminando questo modo di fare, emerge qualcosa di molto grave: oltre alla modalità “perentoria” e che non ammette replica, appare un’altra cosa: ed è il fatto che i post “incriminati” riguardano post inseriti sul diario di una persona. Il diario, anche se “aperto al pubblico” è un luogo “privato”, che appartiene quindi alla persona in questione. Di conseguenza, non è lecito, a meno di cose gravissime, discuterne i contenuti. Sarebbe come, per fare un esempio, se in un bar, anch’esso luogo “privato” quanto “aperto al Pubblico”, qualcuno discutesse l’arredamento scelto dal titolare, arrivando addirittura a minacciarlo per questo. Essendo il “suo” locale, i titolare può decidere di arredarlo come meglio gradisce, senza che nessuno abbia il diritto di discuterne i gusti. Ovviamente, se il titolare, all’interno del locale, facesse cose contrarie alle Leggi vigenti, come favorire lo spaccio di stupefacenti, sarebbe un’altra cosa: ma il suo arredamento non può essere discusso!

Facebook, però, arriva ancora oltre: vale a dire, si “permette” di censurare post apparsi in gruppi “privati” che, in quanto tali, sono visibili solo agli utenti che hanno fatto regolare richiesta per entrarvi (e la cui richiesta è stata approvata), o sono stati invitati dall’Amministratore del Gruppo. Qui la cosa è molto grave: riprendendo l’e4sempio di prima, sarebbe come arrivare a discutere l’arredamento non più di un bar aperto al pubblico, ma di un’abitazione privata, che quindi non lo è, visto che lì nessuno può entrare senza il consenso del titolare. E dove, di conseguenza, il titolare fa quello che vuole, ovviamente nel rispetto delle Leggi, e dove nessuno ha il diritto di discutere il suo operato, essendo uno spazio suo, o comunque concessogli in uso.

Facebook si permette invece di “interagire”, cancellando anche post su gruppi privati. E questo supera abbondantemente i limiti della decenza, almeno credo! Una decenza ampiamente superata se aggiungiamo che, su questo Social, l’amministratore o gli amministratori del Gruppo vengono costantemente avvisati che la pubblicazione di post che violano gli standard della Community ne limiteranno al diffusione. Spesso, Facebook si affida a “fact checker” indipendenti, i quali verificano, naturalmente “a modo loro”, che una notizia non sia falsa. Questo, però, effettuato in un gruppo privato è a tutti gli effetti un abuso: infatti, solo gli “ammessi” al Gruppo possono visualizzare i contenuti di un gruppo privato, e permettersi di visualizzare gli stessi quando non si è ammessi è una modalità da “polizia segreta”: infatti, tra questi “fact checker” e una polizia segreta, almeno nelle modalità, appare esserci ben poca differenza! Sarebbe come se qualcuno “spiasse” dentro l’abitazione di un altro, e si permettesse di questionare lo stile di vita di quella persona, che riguarda solo la persona stessa, a meno che, come detto prima, questo non violi le leggi vigenti!

Questo è quanto. E credo non occorrano ulteriori commenti: le modalità di questo Social Network vanno ben oltre il limite della decenza.

A questo punto, però, occorre decidere cosa fare: infatti, è lecito lamentarsi, e tuttavia è improduttivo: infatti, chi dirige questo Social, pare davvero poco interessato alle lamentele degli utenti, e prosegue per questa strada. Lamentarsi e basta è inutile.

Occorre trovare alternative. Forse, le alternative presenti oggi non sono al livello di Facebook. Tuttavia, stanno crescendo molto bene, e potrebbero pian piano diventare davvero valide.

Tra queste, forse, “spicca” MeWe. Questo Social offre una buona interfaccia utente, piuttosto intuitiva, e gruppi dove esiste anche un’interessante “chat” di gruppo, che quindi permette di unire l’aspetto “social” con quello della “messaggistica multimediale”. Qui si stanno spostando molti utenti “delusi” da Facebook. Oltre a coloro che sono stati “bannati” dal Social di Zuckerberg.

Esiste poi “Minds” (in italiano “Menti”), che è interessante ma non molto frequentato, in particolare dal pubblico di lingua italiana.

Poi, tra i Social che stanno “emergendo”, posso citare VK, Social Network russo, ora presente anche in lingua italiana. Quest’ultimo non l’ho mai provato: chi l’ha fatto mi parla di funzionalità un po’ limitate. Mi riprometto di provarlo nel prossimo futuro, e magari ne potremo parlare.

Tuttavia, questi Social hanno un limite: nessuno di questi appare offrire la funzione “live streaming” (vale a dire, la possibilità di trasmettere in diretta), funzionalità che offre, ormai da alcuni anni, Facebook.

Questa funzione è molto utilizzata, e piace molto, ai giovanissimi ma anche ai meno giovani, che così facendo possono “documentare” la loro vita e momenti particolari. La mancanza di questa opzione, quindi, è secondo me “importante”. Auspichiamo che, nel futuro, anche a questo venga posto rimedio: in fondo, anche Facebook un po’ di anni fa non prevedeva questa funzione!

A questo punto, per concludere il nostro discorso, credo sia importante rispondere ad una domanda: lasciare o non lasciare definitivamente Facebook?

Posso rispondere con un esempio: supponiamo che una persona abiti in una casa dove non si trova bene: è sicuramente lecito, oltre che sensato, il fatto di cambiarla con un’altra che gli sia maggiormente di gradimento. Tuttavia, cambiando casa, potrà portare con sé le cose che desidera, che facevano parte della sua precedente vita. Non penserebbe mai, a meno che non lo voglia fare, di “lasciare” completamente tutto quanto aveva prima, compresi vestiti, soprammobili o altro ancora.

Il paragone è, credo, perfettamente “calzante” nella nostra situazione attuale: infatti, quando noi decidiamo di abbandonare definitivamente un Social, chiudendo in permanenza un account, abbandoniamo proprio “tutto” di quel Social. Di conseguenza, questo vorrebbe dire abbandonare anche tutto il materiale che si è prodotto magari in anni e anni, comprese foto, filmati, e altro ancora. Ma anche tutta la rete di contatti che si sono stabiliti, e che difficilmente si potranno ritrovare “in toto”.

È vero, qualcosa possiamo “portare via “ con noi: tuttavia, tornando all’esempio del lasciare una casa, sarebbe come se utilizzassimo, invece che un camion per un trasloco, un paio di borse: potremmo portare via ben poco!

In pratica, quello che possiamo “portare via” di un account che chiudiamo è poco, davvero poco, almeno così mi appare!

Era questo uno dei motivi di “tristezza” di coloro i quali vengono disattivati in permanenza: perdono tutto quando magari hanno realizzato in anni e anni.

Nel mio caso, sono su Facebook dal gennaio 2009: quindi si tratta di oltre 12 anni. Lasciare tutto vorrebbe dire lasciare completamente tutta una sequenza di elementi passati, che sono comunque belli da conservare, oltre che una rete di relazioni.

Ritengo quindi l’abbandono definitivo di Facebook una scelta “impulsiva” e poco significativa: se si respira e si “conta fino a 10”, come si suol dire, si scopre che non è la scelta migliore, e forse nemmeno quella corretta, anche se il concetto di “corretto” è relativo, e varia da persona a persona.

La scelta, secondo me, migliore, è mantenersi anche su Facebook, magari riducendo la propria interazione. Nel contempo, spostarsi sempre di più su nuovi Social Network, che garantiscano una maggiore libertà e democrazia.

La domanda che ora sorge è però spontanea: perché molti utenti, nonostante si continuino a lamentare di Facebook, continuano a rimanerci, senza nemmeno “provare” delle valide alternative, oggi sempre più esistenti?

Le risposte potrebbero essere molteplici. Una di quelle che appare maggiormente è il fatto che la mente, malgrado abbia slanci di “innovazione”, è abitudinaria, e quindi continua a ripetere le stesse cose, con una forma di “coazione”, senza tentare vie differenti.

E qui mi fermo, lasciando la strada aperta ad eventuali risposte, che mi piacerebbe fossero suscitate in voi. Concludere in modo “aperto” è anche un’apertura verso il divenire. I finali aperti del film sono sempre molto belli, perché lasciano che lo spettatore immagini possibili sviluppi.

In questo caso, il “finale aperto” è anche l’apertura al divenire dei Social. Che spero veda sempre di più la nascita e il consolidamento di strutture per le quali la libertà di espressione non sia un’utopia, come pare invece diventata su Facebook. Buon divenire a tutti, e scegliete sempre la libertà e la democrazia!

Riferimenti

Direi che i riferimenti, stavolta, sono relativi a nuovi “social” da provare. Ne elenco quindi qualcuno.

MeWe:

https://mewe.com

Minds:

https://www.minds.com

VK (Lingua Italiana):

https://vk.com/team_italia

Come possibile alternativa a YouTube esiste “Rumble”. Il suo indirizzo web è:

https://rumble.com

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